Le ceneri di Angela

Quello di Frank McCourt è il racconto di una formazione, i primi 19 anni di vita di un irlandese povero nato all’inizio degli anni Trenta. La povertà e la birra sono le due protagoniste. Questo è un libro che dovrebbero leggere tutti coloro che non hanno un’idea di che cosa significhi essere poveri, che hanno conosciuto solo l’opulenza della società dei consumi. Povertà estrema è vivere in una situazione in cui un pezzo di pane è una golosità, un chicco di uva passa un tesoretto, una caramella un bene prezioso, un uovo un sogno proibito. Una situazione in cui tre dei sei fratelli McCourt muoiono piccoli, e in cui il padre, che pur ama la sua famiglia, non riesce a resistere al richiamo del pub, e si beve sempre la sua paga settimanale ubriacandosi di birra scura. Paese cattolicissimo, l’Irlanda, in cui la religione appare il vero cemento sociale, cioè adempie pienamente la sua funzione identitaria: in una forma paradossale, visto che il cattolicesimo si intende universale, ma in situazioni come quella di Irlanda e Polonia conferisce identità alla nazione. Il giovane Frank, di cui si segue la vita fino alla soglia dei vent’anni, in un paio di occasioni viene a contatto con figure di preti dal grande afflato spirituale, che potrebbero portarlo ad una visione del cristianesimo più ampia e libera dall’ossessione del peccato mortale (vera antitesi all’abbandono puro e semplice della religione, che è la via di liberazione più comune). Su questo punto l’esito non è chiaro, ma il libro mi pare un grande libro per il suo essere variegato, e tuttavia del tutto affrancato da qualsiasi fantasma di risentimento.

2 pensieri su “Le ceneri di Angela

  1. E’ un libro che ho amato moltissimo. Sono rari i romanzi in cui esiste una così bene realizzata commistione tra superiore ironia, cruda narrazione della realtà della miseria e della cattiva sorte, e dignitosa pietà per i più sfortunati aspetti della condizione umana.
    E’ perché ad interpretarla è anche la voce di un bambino, con quanto di fresco, immaginifico ed incorrotto ciò comporta.
    In alcuni passi il lettore è letteralmente indotto al pianto, ma, come perfettamente hai rilevato, è un pianto buono – rabbia ed ira assenti-, capace di far vibrare corde profonde: non si può evitare di amare l’ uomo quando la sua vita testimonia, perfino suo malgrado, la sua straordinaria capacità di resistere alla sofferenza e alla crudeltà del destino.

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