Gli anelli di Saturno.

Gli anelli di Saturno

Die Ringe des Saturn, 1995 (sott. Eine englische Wallfahrt), tradotto per Adelphi da A. Vigliani col titolo Gli Anelli di Saturno. Un pellegrinaggio in Inghilterra, presenta tutte le caratteristiche fondamentali della visione del mondo di W.G. Sebald e della sua scrittura. Saturno è l’astro della melanconia, e l’opera di Sebald sta tutta sotto il suo segno. Se la natura è un circuito di produzione e distruzione, il melanconico fisserà sempre lo sguardo, meravigliato e pieno di pathos, sul secondo fattore. Egli contemplerà il morire a milioni: delle aringhe sulle spiagge del Mare del Nord o degli alberi contagiati dai virus e abbattuti anch’essi a milioni dalla tempesta perfetta del 1987. Non contemplerà con altrettanta meraviglia lo spuntare e il rifiorire ovunque della vita dalla distruzione, le miriadi di forme, perché anch’esse stanno per lui sotto il segno del divenire nulla, del passare e dello svanire di tutte le cose.  Così la distruzione causata dall’uomo si colloca per Sebald sullo stesso piano di quella operata dalla Natura. Dal primo fuoco acceso da un nostro progenitore, noi umani stiamo sotto il segno della consumazione, della combustione: e i personaggi che Sebald incontra nel suo vagabondare hanno tra loro solo differenze epidermiche, non sono veri personaggi autonomi, e tra loro si confondono. Parlano tutti con la voce di Sebald, sono sue mere rifrazioni, e la stessa struttura del testo lo dimostra. Un testo come tutti gli altri di Sebald, ipnotico e incantante, una estrema propaggine del romanticismo tedesco filtrato dal cuore oscuro del XX secolo.

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