Mi ha fatto molto piacere trovare che nel romanzo di Elizabeth Strout Resta con me (Abide with Me, 2006, trad. it. di S. Castoldi, Fazi Editore 2010), le citazioni da Resistenza e resa di Dietrichh Bonhoeffer vengono dalla traduzione del mio carissimo amico Alberto Gallas, curatore di una edizione del 1988 del celebre testo del teologo tedesco. Non è cosa comunissima che un romanzo contemporaneo rechi alla fine 84 note del traduttore, oltre la metà delle quali riferite alla Bibbia e alla religione. Ma il protagonista di Resta con me è un giovane pastore protestante in un cittadina del Maine negli anni Cinquanta del secolo scorso. E questo pastore è profondamente influenzato dalla lettura di Bonhoeffer.
Per Tyler Caskey, Dietrich Bonhoeffer, che morì impiccato a causa della sua lotta contro il nazismo, è un modello. Continuamente la sua azione pastorale e la sua vita di tutti i giorni devono confrontarsi con quel modello, e si tratta di un modello che sembra chiedere troppo rispetto alle capacità e al valore intrinseco della persona di Tyler. Questo romanzo non è un’analisi della vita sociale di una cittadina del Maine degli anni Cinquanta. Se fosse solo questo, l’opera della Strout non presenterebbe motivo di grande interesse. Resta con me è invece una sottile indagine psicologica, e anche una messa in scena delle metamorfosi della struttura sacrificale che giace al fondo dei rapporti umani. Il giovane energico pastore che giunge da fuori ed entra nel cerchio della comunità di West Annett, si pone inevitabilmente come il suo centro. Inizialmente intorno a lui si polarizza l’entusiasmo di tutti, poi una serie di piccoli e grandi eventi, essenzialmente legati alla figura della moglie (bella e sensuale e poco spirituale, che muore prematuramente), e in seguito a quella della donna che svolge i lavori domestici a casa di Tyler, determina la caduta del pastore. La maggiore delle sue figlie, una bambina traumatizzata dalla perdita della madre, a scuola si dimostra cattiva e ineducabile, e contro Tyler vengono gradualmente montando maldicenza e ostilità. Infine, egli viene a trovarsi nella tipica posizione del capro espiatorio: tutta la comunità contro uno solo. La catastrofe finale è certamente, nella sua struttura, profondamente cristiana. Tyler decide di celebrare un’ultima funzione prima di lasciare la cittadina. Davanti all’intera congregazione intende pronunciare un sermone preparato con cura, in cui con accenti profetici denuncerà l’ipocrisia dei suoi fedeli di West Annett. Invece, nel momento in cui dovrebbe accusare gli altri non riesce a parlare. Tace e piange, e la congregazione sprofonda nel silenzio. Questo espone agli occhi di tutti la natura persecutoria dei rapporti che si erano determinati, e spezza la catena. Chi accusa la Strout di aver collocato un lieto fine posticcio non ha afferrato il nucleo di quest’opera.
certo che resto con te! :-)
Bonhoeffer è un grande…
Grazie per aver segnalato questo libro. Conosco altre cose della Strout. Penso che lo leggerò