Come ci sono due vuoti, due silenzi, ecc. – quello dall’alto e quello dal basso – è anche possibile, se la morte è annullamento, che si siano due annullamenti, l’annullamento nel nulla e l’annullamento in Dio. (III, 154)
L’agonia è la suprema notte oscura della quale anche i perfetti hanno bisogno per la purezza assoluta, e a tal fine è meglio che sia amara.
Dopo un’agonia perfettamente e puramente amara, l’essere sparisca in un’esplosione di gioia perfetta e pura.
Nella gioia si sente che se essa crescesse non la si potrebbe sopportare a lungo senza esplodere. La gioia è cosa di Dio, perfetta e pura, fa scoppiare un’anima finita come una bolla di sapone.
La morte è un’ordalia, l’ultima. (III 159)
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I perfetti: è puro linguaggio cataro. Tutta l’ossessione weiliana della purezza è catarismo. E cataro è tutto quello che S. Weil dice della morte.
Quanto al nulla, occorre osservare che se annullamento è l’accadere di un passaggio dall’essere al nulla, un processo, allora sì potrebbero sussistere annullamenti tra loro differenti, soprattutto riguardo alla coscienza che l’ente-che-va-al-nulla ha del suo divenire nulla. Ma il nulla per sé non può essere di specie differente, in relazione alla coscienza di chi era e non è più, perché in ogni caso la coscienza non è più.
Proprio qui vedo l’aporia centrale del pensiero weiliano, ovvero l’incapacità di pensare l’umano come essenzialmente relazionale. Il fatto di pensare il sociale per sé come male impedisce alla Weil di vedere la permanenza dell’umano in Dio (nella logica dell’Incarnazione), e il Regno di Dio come giustizia fra gli uomini (nella logica della Resurrezione).
L’uomo è un animale sociale, e il sociale è il male. (III, 157)
dove sta scritto che l’uomo è un animale sociale?
può esserlo certo
ma è vero anche che l’uomo può vivere in eremitaggio.
Sta scritto nell’umano stesso. La lingua che parla un eremita non l’ha creata lui. Egli parla con Dio una lingua socialmente mediata. Lo stesso modo e la scelta di essere eremita li ha imparati da altri. L’umano è fin dalla sua nascita in relazione con l’altro, e non è pensabile al di fuori di questa relazione.