La diciottesima notte dopo capodanno—il ventiquattresimo giorno dell’assedio di Budapest—, una giovane donna decise di abbandonare il rifugio in un grande edificio accerchiato nel cuore della città, di attraversare la strada trasformata in campo di battaglia e di raggiungere, in ogni modo e a qualsiasi costo, l’uomo che quattro settimane prima era stato murato, insieme a cinque compagni, in un angusto scantinato dell’edificio di fronte. Quell’uomo era suo padre, e la polizia politica si ostinava, pur nel culmine del caos e dello sfacelo, a cercarlo con un zelante e puntiglioso accanimento.
Quello di Liberazione di Sandor Marai (Szabadulás, 1945, trad. it. di L. Sgarioto, Adelphi 2008) è un incipit in cui è contenuto un romanzo intero, uno di quegli incipit che promettono una lettura forte. Scritto nei mesi immediatamente successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando il destino dell’Ungheria si stava delineando agli occhi attoniti dei suoi figli, Liberazione
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