Una storia vera dei nostri giorni è il sottotitolo del libro di Mauro Paissan Il mondo di Sergio (Fazi Editore 2008). Un libro che non è un romanzo, ma appunto una storia vera, terribile e angosciante, che ha come protagonisti Sergio Piscitello e la sua famiglia. Sergio è autistico, e per di più sordo, e suo padre e sua madre (Salvatore dentista, Elvira insegnante) combattono per 39 anni una battaglia disperata tra l’incomprensione delle istituzioni e le pastoie della burocrazia, e l’incompetenza e la disonestà di psicologi e psichiatri. Fino al tragico esito finale: un padre settantacinquenne che uccide con due colpi di pistola il figlio trentanovenne dopo l’ennesimo episodio di violenza estrema di Sergio contro i genitori.
La lettura di questo libro è un pugno nello stomaco ed un oggettivo atto d’accusa. Mauro Paissan tesse il racconto delle tappe di questa vicenda amarissima con una forte partecipazione umana, e con grande capacità di fornire, raccontando, informazioni sull’autismo e le condizioni degli autistici in Italia. Paissan dà spesso la parola al padre e alla madre (utilizzando anche il diario di Salvatore), e questo accresce l’impatto del libro, che comunica desolazione, impotenza, solitudine e insieme la determinazione di lottare fino all’estremo delle forze. Purtroppo infine l’estremo delle forze è raggiunto, e la famiglia intera precipita nell’abisso.
Sanità, scuola, regioni ed enti locali, associazionismo: anche nelle situazioni più favorevoli, più positive, è difficile che si realizzi collegamento, rete, sinergia, integrazione a favore della persona in gravi difficoltà. Gli interventi rischiano di annullarsi a vicenda nella concretezza delle situazioni personali. Tutto ciò è evidentissimo nella contraddittoria esperienza della famiglia Piscitello.
Le famiglie delle persone autistiche si trovano a convivere con la lacerante consapevolezza di essere soli nei momenti in cui occorre affrontare le peggiori crisi dei propri figli.
Soli, inoltre, a decidere in merito alla validità di trattamenti riabilitativi, molto spesso a pagamento, che si rivelano non di rado inefficaci; soli a far fronte alle problematiche che emergono in ambito scolastico; soli a constatare che l’approccio medico/farmacologico per problemi normali nei bambini trova talvolta una risposta di effetto paradosso nei soggetti colpiti da autismo; soli a prendere atto della disinformazione o assenza di consapevolezza che esiste nella pubblica opinione nei riguardi dell’autismo, in parte motivata dalla scarsa visibilità esteriore della disabilità stessa; soli a constatare l’assenza di un legame che consenta interventi coordinati tra i mondi: accademico, medico, riabilitativo, scolastico, istituzionale, dei mass media e sociale; soli ad accettare che un trattamento odontoiatrico comporta per il proprio figlio/a l’anestesia generale; soli a combattere, spesso invano, la quotidiana battaglia per il rispetto dei diritti essenziali dei figli.
Per i casi più gravi, come quello di Sergio, si staglia davanti la parola reclusione: reclusione in un istituto o, più spesso, reclusione in casa, in una famiglia a sua volta isolata. (pp. 100-101)
Come risulta dalla prefazione di Stefano Rodotà e dalle conclusioni di Paissan, chi esce meglio dalla vicenda sono la magistratura, che comprende le ragioni del gesto di Salvatore e commina una pena lieve, e della Presidenza della Repubblica, che concede una sollecita grazia. C’è poco da aggiungere: si può solo sperare che anche questo duro e veridico libro possa contribuire, scuotendo le coscienze, alla causa del miglioramento della condizione delle persone con autismo e delle loro famiglie.
Buona giornata , il babbo di Sergio ha tirato avanti , fino all’estremo ,
in ogni situazione bisogna esserci dentro , niente condanne per il Suo
gesto disperato , questo Signore purtroppo la condanna l’ha avuta per una vita intera.
Un cordiale saluto Paolo