Sull’ultimo numero di Anthropoetics c’è un interessante saggio di Andrew Bartlett, Keeping the Monster at a Distance: Artificial Humanity and Victimary Otherness, un saggio che analizza il Frankenstein di Mary Shelley, dove leggo questo passo.
Lo scienziato dalla mente obiettiva non potrebbe, senza cadere nell’incoerenza etica, costruire le condizioni perché la Natura passiva riveli se stessa e poi, in uno splendido oblio (oblio della scena della rappresentazione umana), rifiutarsi di affermare la sua responsabilità per aver attivamente risvegliato la Natura dal “suo” stato passivo. La rivelazione scientifica rivela una verità circa la natura, ma una verità rivelata da umani, e pertanto una verità umanamente inventata o scoperta, in quanto opposta ad una verità rivelata divinamente. Non è che noi del solo oggetto cosmologico possiamo fare quel che desideriamo: è che gli unici oggetti cosmologici che ci sono rivelati sono rivelati sulla scena umana della rappresentazione scientifica. Originaria, moderna, o folle che sia, tutta la rappresentazione scientifica è una rappresentazione eseguita da umani. L’oggetto cosmologico inteso dalla scienza avrà sempre implicazioni etiche per la comunità umana, implicazioni legate alla desacralizzazione e scambiabilità di oggetti reali, implicazioni legate alla bontà e bellezza, al consumo e alla produzione.
tornando a quello che si diceva anche qualche “post” addietro, non vi è dubbio (almeno spero che non vi sia) che differenza fondamentale esiste tra un animale che “è” parte della natura, allo stesso livello in cui lo è un fulmine, o una montagna, o la corrente del Golfo, e l’ Uomo che si interroga sul suo ruolo (anche magari per giungere a definirsi e a “sentirsi” semplice parte della natura.
Tra i due estremi, ci sono qualche decina di migliaia di anni; qualche miliardo di nostri antenati; qualche genio.
La curiosità scientifica forse ha una vita più breve. Non è facile interpretare il passato. Solo da pochissimi secoli abbiamo un’idea abbastanza precisa di che significa rappresentazione scientifica. E, ragionando avendo questa rappresentazionein tasca, è quasi impossibile leggere e intendere la scienza “prima di Galileo”. Gli architetti delle grandi piramidi; Aristotele; Galeno; Alberto Magno; Gerberto di Aurillac; Brunelleschi; Paolo Uccello……
Credo che ci sia molto da (ri)scoprire sulla scienza-prima-della-scienza.
Non sono sicuro però che quanto detto sia in tema.
E’ in tema nella misura in cui ogni rappresentazione umana (ivi compresa quella matematica o scientifica) è appunto UMANA. Ma che cosa sia umano e cosa non-umano è una determinazione tutta interna all’umano: è la questione cardine dell’antropologia. Trattando l’umano come “oggetto cosmologico”, non interrogandosi antropologicamente, la scienza contemporanea finisce necessariamente per reificarlo.