Rileggo Simone Weil 3

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Senza ostacoli inevitabili – senza necessità – l’arte stessa sarebbe ricondotta a un puro gioco. Infatti che cosa esprimerebbe? Ogni opera d’arte canta la necessità. L’arte greca come le altre. Filottete, ecc.
   (I,137)

Penso che sia vero e non vero. Se è vero, infatti, che l’arte sarebbe ridotta a un puro gioco in assenza di ostacoli inevitabili, anzitutto mi chiedo che cosa vi sia di negativo nel puro gioco. Il gioco puro è anzitutto proprio del solo umano, e ne esprime la libertà paradossale, quella che lo separa radicalmente dall’animale. Quello che chiamiamo gioco negli animali è sempre funzionale a qualcosa d’altro, non ha mai in se stesso il puro fine. Ma la necessità come ostacolo non è ostacolo a se stessa, ma ad una non necessità, e la non necessità è la libertà. Dunque l’opera d’arte canta la necessità come ostacolo alla libertà, che infatti non può essere concepita assolutamente, ma solo in relazione a ciò che la ostacola e la nega. Necessariamente, cioè, la libertà si scontra con la sua negazione, senza la quale non esisterebbe. L’arte dunque liberamente canta la necessità, e necessariamente la libertà.

Il pensiero contemporaneo diffuso in larga parte ignora o rifiuta la possibilità di una distinzione assoluta tra l’umano e l’animale. Questo è il segno più chiaro della crisi dell’antropologia cristiana che ha governato l’Occidente nei due millenni che abbiamo alle spalle. Da un lato si assegna all’animale ciò che è dell’umano (rappresentazione, coscienza, ecc.), dall’altro si nega la libertà dell’umano riducendola a ciò che ricade sotto la possibilità di controllo della scienza quantitativa, e mentre si derattizzano le città con potentissimi veleni, si fanno vedere ai bambini cartoons in cui i protagonisti sono topi e ratti simpaticissimi e umanizzati.

Un pensiero su “Rileggo Simone Weil 3

  1. io condivido il pensiero di Schelling, l’arte è l’oggettivazione del soggettivo….
    un compito, seppur inconscio, esiste, insito in lei.
    bell’argomento…

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