Il serpente di stelle (Le serpent d’étoiles, 1933, pubblicato in Italia da Guanda, Parma 2002, trad. di F. Bruno) è forse il romanzo in cui più trasparente si presenta la prospettiva panteistica di Jean Giono. Racconta di un rito teatrale-musicale pagano celebrato dai pastori sull’altopiano di Mallefugasse in Provenza, nella notte di San Giovanni. I pastori impersonano le forze della terra, la musica è fornita da strumenti primordiali che appaiono dotati di potenza magica, come le gargoulettes, flauti ad acqua, la cui musica
…ha un gran potere sugli animali; in un momento li manda in amore, tanto le femmine quanto i maschi; ha la forza della primavera. Se un uomo suona la gargoulette da solo sulla collina, si possono vedere, poco dopo, i raggi: le tracce nell’erba e tutte le zuffe amorose delle bestie che l’hanno sentito. Gli sfavillano attorno come razze di ruota. (p. 104)
In questo universo preistorico in cui esistono i pini lira, lo strumento musicale per eccellenza è l’arpa eolica, che si costruisce applicando corde a certi alberi sulla cresta delle colline, e che è destinata ad essere suonata dal vento. Nel cosmo gioniano, di cui il serpente di stelle che appare nel cielo è la cifra finale, il Dio incarnato dei cristiani non è che una particola del mondo sacro.
“‘Il Gesù non è il colmo del cielo: è quel pezzettino di buio laggiù, con una stella, una sola.’ Dica questo a un bocia quindicenne che esce da cantare alla greppia: lui guarda la stella, guarda il dito che indica la stella; dice sì; non ha capito.
“Non ha capito tutto.
“Ma, quando è un uomo della mia età che lo rimugina per anni, tra sé e sé, e ogni volta un po’ più di esperienza di uomo va ad aggiungersi alla riflessione allora è possibile che il secondo significato si accenda come una lampada.
“Una stella; una soltanto; e adesso, guardi il buio tutto inondato di stelle!
“Esistono delle forze del mondo: ecco il segreto!
“Che voleva dire: ‘Piccino, hai sentito il nostro pastore d’anime. Ti ha raccontato la bella storia del bambinello che non è stato accolto dalle mani delle levatrici, ma dalla paglia, come vengono accolte le bestie. Ti ha detto che a farlo era stata una vergine: le bestie sono delle vergini; non sporcano gli atti che fanno la vita. Loro fanno la vita, semplicemente. Vanno nei cespugli e ne escono con i figli-bestie e subito quei figli tastano la vita con il fresco del muso e, subito, sono colmi di una grande saggezza che sorprende gli uomini. La greppia, la paglia, il bue, l’asinello, la vergine: quella nascita è, tra gli uomini, la nascita di una bestia sana. Ecco la grande lezione. Ecco perché gli uomini hanno crocifisso il bambino’. (p. 57-58)
Qui siamo agli antipodi di quei pensatori cristiani antichi che ritenevano che Cristo, quando morì sulla croce, non potesse avere meno di sessant’anni, visto che aveva conseguito la perfetta saggezza umana e filosofica…
ciao Fabio,
questo libro me lo devo procurare!
ma…che suono avrà il flauto d’acqua?
sarà simile al suono dell’oboe?
che curiosità di sentirlo!
Buona giornata
carla