Figure del male

rell.jpgVi sono studiosi di filosofia, oggi, che tendono irresistibilmente alla narrativa. Come se l’aver frequentato romanzieri all’interno di un percorso di riflessione filosofica li spingesse a passare dall’utilizzo di narratori per lo sviluppo del proprio pensiero (quanti non si sono riferiti a Dostoevskij, ultimamente, a cominciare da Pareyson!) alla narrazione in proprio. Franco Rella, ad esempio, ha scritto il romanzo L’ultimo uomo (1996), che ho letto due anni fa, ma di cui non ricordo nulla: segno che non era forse una gran cosa, almeno per me. L’ultimo uomo non aggiunge nulla ai libri del Rella pensatore, pensatore drammatico, che ha bisogno di riferirsi ad altri, ad artisti come Van Gogh o Rembrandt, per far emergere una conoscenza sin-patica, ermeneuticamente produttiva.
Rella tende alla narrazione (anche Negli occhi di Vincent vi sono parti che sfiorano la narrativa, ma nella sostanza non è un narratore, ma un ricercatore di verità). Nel suo libro Figure del male (Feltrinelli, Milano 2002), egli esprime al meglio la sua tensione conoscitiva di fronte al massimo enigma, quello del male, confrontandosi con situazioni e autori e tradizioni (il Libro di Giobbe in particolare) in un modo che sta tra il teorico e l’esistenziale. Il mettersi in gioco personale, in qualche modo, di Rella è ciò che mi piace di più, nei suoi libri, ma ne costituisce anche un limite filosofico: di qui anche il proliferare di figure (Carl, Alex, Barnaba) che sono suoi doppi, senza autonomia di personaggi: sono pure maschere che potrebbero anche essere considerate inutili.
Rella vede che male non è solo la violenza, come sembra pensare René Girard, ma anche la souffrance “implicita in tutte le passioni”, iscritta, in definitiva, nel limite intrinseco alla creatura (uso qui questo termine cristiano che non è in contrasto con il pensiero di Rella, che deve non poco a Simone Weil). E giustamente intende che un uomo ridotto a puro patire, come un malato ridotto a cosa, sarebbe un problema radicale anche in una società redenta da ogni violenza umana.
Più narratore di Rella mi pare Sergio Givone. Il suo Favola delle cose ultime (Einaudi 1998) è un bel romanzo, di cui ci si ricorda qualche personaggio. Oltre al protagonista Ranabota (soprannome: sta per rana che non ha ancora terminato il suo sviluppo), il sanguigno pretone cacciatore, ad esempio, che ama la caccia ai beccaccini, “uccelli indiavolati”, come l’amano Lazzaro Scacerni e il sottoscritto .

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2 pensieri su “Figure del male

  1. La tendenza del filosofo alla narrazione può essere dovuta alla volontà di rendere più semplici e comprensibili i loro testi, allargando così il bacino di utenza ( e di vendite). Idem per il filosofo-narratore: un romanzo (riuscito dal punto del marketing) porta soldini…

  2. Considerate anche l’auto-referenzialità del linguaggio di molta filosofia contemporanea, e l’intenzione di comunicare più largamente, magari con il tramite dell’allegoria.

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