Roma

Roma

Lungo più di 700 pagine, questo romanzo di Émile Zola (del 1896, questa versione italiana pubblicata dalle edizioni Bordeaux nel 2012 deriva da una traduzione del 1923, pubblicata nelle edizioni Sten, anonima: fatto singolare ma non tanto) è tante cose insieme: un atto di amore per l’Italia, una resa dei conti dell’autore con la Chiesa cattolica e il Papato, un atto di fiducia positivistico-modernistico nel futuro dell’umanità, la costruzione di un testo narrativo-argomentativo, e infine una vera e propria guida di Roma, che ci restituisce una grandiosa immagine della città negli ultimissimi anni dell’Ottocento. E c’è anche una storia di amore e veleno. Il protagonista è Pierre, un giovane prete intellettuale e modernista, reduce da un precedente viaggio a Lourdes (narrato nell’omonimo romanzo, subito messo all’Indice), che si reca a Roma per difendere un suo libro, nel quale auspica una rigenerazione del Cattolicesimo, una metamorfosi radicale che lo trasformi nella religione della democrazia. A Roma  Pierre, che finirà per trattenervisi per alcuni mesi, incontra personalmente Leone XIII, scopre gli intrighi della corte papale e i problemi del nuovo Regno d’Italia, e infine si convince di dover abbandonare ogni illusione circa la nuova religione del futuro: Cattolicesimo e Papato sono giunti alla fine del loro percorso storico. Una predizione fallace, sembrerebbe.

Nord e Sud

Leggo nel romanzo di Émile Zola Roma (1896):

«Dopo la vittoria, mentre il bottino era ancora caldo e palpitante, erano calati i lupi. Dopo i patrioti che avevano fatto l’Italia, la banda degli avventurieri accorreva al pasto, si avventava sul paese e se ne impinguava come una preda. […] faceva capolino il contrasto, ancora molto vivo, tra il Settentrione e il Mezzogiorno. Il Nord lavoratore ed economo, politico prudente, imbevuto delle grandi idee moderne; il Mezzogiorno baldanzoso, indolente, assetato di vita, tutto calore e colore, nell’attività ingenua e disordinata, come nella sonorità delle belle parole squillanti.»

Dunque: politica come predazione, carattere divergente di Sud e Nord.

La gioia di vivere

La gioia di vivere

Leggo  La gioia di vivere nella quarta edizione BUR del 2010. La joie de vivre (1884, trad. it. di P. Messori) è un romanzo la cui azione, che si distende nell’arco di anni, è concentrata in una famiglia borghese, l’unica famiglia borghese di Bonneville, un piccolo e malandato villaggio di pescatori sulla costa atlantica di Francia. Villaggio al cui confronto quello dei verghiani Malavoglia appare una città, villaggio abitato da pescatori così abietti che al loro confronto gli abitanti di Aci sono gran signori, anche moralmente. Zola qui però non esprime una critica sociale, ma sembra piuttosto applicare ad alcuni personaggi una lettura, forse affrettata, di Schopenhauer. Ennesima conferma del fatto che per la buona riuscita di un’opera letteraria non occorre una buona comprensione della filosofia che la ispira. Continua a leggere