Élites

Il primo problema della democrazia è sempre il problema della formazione delle sue élites. Questo problema è costitutivo, e discende dalla frattura del rapporto tra il politico e il sacro, frattura che è fondativa della democrazia stessa. Mentre il sacro non pone mai la questione della sua propria legittimità, perché esso è un potere che si impone, nello spazio profano che è la democrazia è essenziale che le élites siano percepite come legittime da coloro che non ne fanno parte. E perché le élites siano percepite come legittime, esse debbono presentarsi come aperte, come uno spazio centrale accessibile a tutti coloro che si meritano l’accesso: potenzialmente a tutti i cittadini. In Italia oggi questo non avviene, e questo è il massimo problema del sistema politico-sociale italiano. Esso infatti non ha più molto di sacro, ma non è totalmente profanizzato, e i residui di sacro che ancora vi permangono, come nelle figure di Bossi e di Berlusconi, e forse anche di Grillo, intralciano l’apertura verso lo spazio centrale profano, sostitutivo del Centro sacro, senza la quale un sistema democratico non può funzionare. Continua a leggere

Gnocca, gnocco

Nel Veneto non si usa il termine “gnocca”. In suo luogo si dice “móna”, e questo termine viene anche frequentissimamente utilizzato a indicare persona poco intelligente. Ad es. ho sentito dire da un leghista: “El Trota xe un móna”. Ricordo, del resto, che un tempo si usava dare dello gnocco a chi si dimostrava ingenuo o stupido. Certamente nel Veneto, ma penso anche in altre regioni. Questo dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, la potenza generativa e la compenetrazione della sfera sessuale e di quella culinaria, dalle quali il linguaggio politico italiano trae oggi una forte ispirazione. Bassezza erotica, bassa cucina.

Intanto

Silvio Berlusconi con Angelino Alfano.

Egli nomina il suo visir: sarà Alfan Kan. C’è sempre una prima volta in Italia: ad esempio, è la prima volta che il segretario di un partito viene nominato a casa del Presidente del Consiglio. La prima volta, anzi, che viene scelto personalmente dal Presidente del Consiglio. Che si intende come un sultano, e quindi necessita di un visir.

Intanto il calcio appare per quello che è: una fogna, dove gli Italiani sguazzano contenti, anche quelli di sinistra. E per alimentare quella fogna i soldi si trovano sempre. E nessuno si scandalizza, nemmeno quelli di sinistra.

Indifferenziazione

Immagine eloquente. Un Presidente del Consiglio si produce in uno spot elettorale per elezioni locali come capo di un partito, da una televisione di sua proprietà. Tre ruoli che in lui non sono distinti. Berlusconi è il supremo segno di indifferenziazione in una fase di collasso del sistema delle differenze. Si distingue tra tutti proprio per questo. L’esito paradossale è sempre quello: il ruolo del Salvatore e quello della Vittima sono lo stesso ruolo.

Inculcare

Chissà cosa intende Berlusconi per inculcare. L’espressione probabilmente va intesa in rapporto all’uditorio del lider máximo, composto da cattolici. Infatti spesso nei documenti del magistero ecclesiastico sull’educazione si è usato il verbo inculcare. Certo, esso non appare molto adatto a suggerire l’idea di una educazione liberale. Ma qui il discorso, come sempre quando la classe politica italiana si occupa di scuola, oscilla tra l’ideologico e l’elettoralistico. Dal canto mio, mi sono sempre professato un difensore della scuola italiana statale e pluralistica, nella quale lo studente deve anzitutto apprendere nozioni e sviluppare capacità. E basta leggere alcune delle mie Croniche per capire che sono un conservatore (della sostanza). Tuttavia, pur ritenendo la Sinistra gravemente corresponsabile del degrado della scuola, mi sembra che oggi una scelta di campo sia necessaria: è assolutamente evidente che Berlusconi considera la scuola statale un covo di comunisti (il che è falso), e che l’unica materia cui presta attenzione è la storia, cioè la disciplina che i politici italiani sentono come la più vicina ai propri interessi. Poveri noi! Nello stesso momento in cui qualsiasi insegnante sperimenta di non essere in grado di inculcare assolutamente nulla nei suoi allievi, a cominciare dagli elementi basilari delle discipline, e questo anzitutto per la totale assenza di prestigio sociale e autorità della funzione docente, il capo del governo proclama che la scuola di Stato inculca principi diversi da quelli delle famiglie.

Allora noi, cittadini italiani di fede islamica, che crediamo fermamente che l’unica verità sia nel sacro Corano, e che tutta la società debba informarsi alla nostra Tradizione, noi pretendiamo che ci venga riconosciuto il diritto di avere nostre scuole, dove le ragazze siano velate e separate dai maschi, scuole nostre che possano rilasciare diplomi riconosciuti dallo Stato italiano.

L’Espresso e il sesso

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Penso che le copertine dell’Espresso (massimamente quelle estive) abbiano per decenni veicolato un’immagine del sesso e della donna che non è affatto alternativa a quella che erroneamente viene definita berlusconiana. Mi risulta che Repubblica appartenga allo stesso gruppo editoriale (di De Benedetti). L’antitesi tra Repubblica e Giornale è estremamente superficiale, non è affatto uno scontro di culture né di visioni del rapporto uomo-donna. In verità, se alla donna viene proposto ovunque e costantemente come valore supremo (spendibile) il sex-appeal, e questo appare fonte di prestigio sociale, di autoaffermazione e di successo nella vita, come è ovunque nelle società videocentriche, e finché il misuratore universale del successo sarà il denaro, questa relazione tra denaro e sex-appeal rappresentato da Ruby e dalle papi-girls è destinato a permanere. Se l’unica qualità fondamentale richiesta ad una donna per avere successo in TV è quella di essere desiderabile, e questa qualità si traduce in denaro, è assolutamente necessario che questo modello sia vincente. Repubblica è forse in grado di proporne uno davvero differente? La cultura radical-borghese che disprezza le notti di Arcore ha in testa figure femminili esemplari diverse da quella della manager o della puttana?

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Ministri, sottosegretari, consiglieri

Non è di poca importanzia a uno principe la elezione de’ ministri: li quali sono buoni o no, secondo la prudenzia del principe. E la prima coniettura che si fa del cervello d’uno signore, è vedere li uomini che lui ha d’intorno; e quando sono sufficienti e fedeli (Bossi? Bondi? Gelmini? Verdini? et…) , sempre si può reputarlo savio, perché ha saputo conoscerli sufficienti e mantenerli fideli. Ma, quando sieno altrimenti (Fini? Urso? Bocchino? et…), sempre si può fare non buono iudizio di lui; perché el primo errore che fa, lo fa in questa elezione. Continua a leggere

Berlusconi sacro

Anche il più convinto adoratore di Berlusconi dovrà ammettere che questo fatto è un fatto: Il Presidente del Consiglio ha telefonato in quanto tale alla Questura di Milano, per ottenere che la minorenne Ruby Rubacuori, easy girl professionale, extracomunitaria marocchina, fosse affidata alla ventiseienne signora Nicole Minetti, dichiarando che la suddetta giovine era nipote del faraone egizio Mubarak I. La suddetta dopo pochi minuti, una volta fuori dalla Questura, è stata dalla Minetti scaricata ad un’altra signora, dalla professione onorata. Questo nudo fatto non lo contesta nessuno. Continua a leggere

Telecracy

L’intervento di Berlusconi durante la trasmissione di Gad Lerner L’Infedele è particolarmente interessante sotto molti profili, e andrebbe analizzato con calma e attenzione. In esso si intrecciano molti elementi diversi, di natura politica, antropologica, sociologica e psicologica. Mi pare evidente, tuttavia, il fatto che la questione principale riguarda la televisione e il suo ruolo. Questo è assolutamente decisivo, al punto che possiamo azzardare questa formulazione: l’Italia è una democrazia parlamentare solo in apparenza, ma nella sostanza è una repubblica televisiva, ovvero una telecrazia. Tutti i politici sanno bene che la vittoria o la sconfitta derivano dall’uso che si riesce a fare della televisione (da noi l’internet ha ancora un potere limitato, e per così dire paratelevisivo – in ogni caso la telematica esautora ancor più i parlamenti). Tutto si decide in tv, e soprattutto è là che si conquista o si perde il consenso. Continua a leggere