Un romanzo di Paul Auster del 2010, subito tradotto da Einaudi nello stesso anno (dice qualcosa?). L’ho trovato pretenzioso, perfettino, troppo sapientemente costruito. Tecnicamente al top, ma non è sufficiente questo squarcio di vita dell’intellettualità ebraico-newyorchese per contenere il mondo, la condizione umana, come l’autore sembra volere.
