Micronote 51

gufo

  1. “La religione non c’entra niente, la violenza ha altre cause”: questa è una delle proposizioni più idiote in circolazione. “La religione non è la causa unica della violenza, ma uno dei suoi fattori” è già molto più prudente. L’errore sta sempre nell’isolare un elemento: come studiare il cuore o il cervello a prescindere dall’intero organismo e dalla funzione che il singolo organo svolge nel tutto. Quando il liberale medio dice “religione” ha di essa in testa il concetto borghese-occidentale moderno della religione stessa: un fatto dell’interiorità, del singolo individuo, un fatto privato. Negli altri mondi è un’altra cosa. Ma nemmeno nel mondo occidentale, pur con tutte le differenze che lo segnano, la religione è solo questo. Cos’è stampato sui dollari?
  2. Con Giovanni Paolo II inizia la spirale inflazionistica della Chiesa Cattolica: si moltiplicano a dismisura i viaggi papali, i santi vengono proclamati a centinaia, i giubilei diventano più frequenti. E si dilata, personalizzandosi, l’ego papale: che infatti si individualizza anche nel linguaggio colloquiale, sussumendo l’individualismo contemporaneo. La misura del cattolicesimo è sempre più una dismisura. Per questo la posizione di Francesco è sul filo di una lama.
  3. L’intellettuale italiano medio non è mai stato interessato a comprendere criticamente la realtà, il suo interesse principale è sempre stato la lotta. La lotta facile, però, e per lui redditizia. Vuole combattere battaglie per cui la vittoria sia già assegnata alla sua parte, per affermarsi ha dunque bisogno di nemici inoffensivi. Ma i nemici debbono rappresentare innanzitutto per lui una fonte di affermazione e di guadagno, devono essere nemici dell’intero forte gruppo sociale in cui l’intellettuale è inserito. Egli infatti non brilla per coraggio, ed è profondamente conformista. La caduta del mondo bipolare ha rappresentato per l’intellettuale italiano tipico una catastrofe, per la quale il fenomeno Berlusconi è stato un rimedio temporaneo. L’era di Renzi, che gli succede, produce necessariamente l’inedia dell’intellettuale. Con l’islamismo, poi, egli si trova in difficoltà, perché quello sfugge a tutti i suoi parametri culturali: del resto la cultura religiosa non è mai stata il suo forte. Per questo annaspa, ricorre alle sue formulette ritrite, e al massimo costruisce un altarino per accendere candele alla Costituzione.
  4. Chi dice la verità in politica perde le elezioni: vincono solo le pillole indorate, che abbiano sapore di destra o di sinistra. Ruolo efficiente e produttivo della menzogna. Questo è un dato sistemico, diciamo.
  5. Del nulla antico non c’è alcun ricordo.
    Di quello che verrà questo è caparra.
  6. Entri in consiglio d’amministrazione
    grazie a un amicone,
    grazie a un amicone.
    Non serve laurea non serve formazione,
    ti basta un amicone,
    ti basta un amicone.
    E se il tuo babbo ha più di un amicone
    saranno tue decine di poltrone,
    saranno tue decine di poltrone.
  7. Il suddito – dal latino subditus, termine composto con sub che significa sotto – è appunto colui che è sotto-posto, sotto-messo, sotto-stante ad un potere più alto, contro il quale non può nulla, e che non può nemmeno intendere nelle ragioni che lo muovono, negli interessi di cui è intessuto, e nel linguaggio che parla entro la sua sfera. Quanto negli italiani di oggi vi sia del suddito e quanto dell’uomo libero ciascuno può a suo modo e secondo le sue capacità giudicare.
  8. Un segno dei tempi: la distanza tra la figura del sindaco e quella del clown si sta progressivamente riducendo.
  9. C’è una differenza fondamentale tra una civiltà che compie atti atroci in contraddizione coi valori che essa stessa ha prodotto, e che risultano atroci proprio in relazione a quei valori – per cui quegli atti vanno nascosti (vedi Guantanamo ecc.), ed una civiltà che attua lo stesso tipo di atrocità, che però secondo le sue categorie fondative non sono atrocità ma atti di giustizia – per cui vanno esibite davanti al mondo (ISIS ecc.).
  10. Il nemico della dolcezza non è l’amaro. È il dolciastro, che oggi dilaga ovunque.
  11. Il desiderio di Sacro che molti percepiscono oggi fra la gente è lo stesso desiderio che prese gli Israeliti mentre Mosè riceveva la Legge sulla montagna: quello di avere un idolo visibile, una forma di potenza, su cui riversare i propri bisogni e brame invisibili, di cui essere servi, per godere di una particola della sua potenza. La forma suprema del sacro è il Serpente in Eden.
  12. Differenza di genere nel modo di fare la guerra?
    Noi abbiamo smesso di regalare fucili e pistole giocattolo ai maschietti (preferiamo che si divertano con videogiochi dai contenuti violentissimi), e c’è chi si compiace del bambino che gioca con le bambole.
    È giunto forse il tempo di tornare a donare ai nostri figli armi giocattolo, e anche alle nostre figlie?
  13. Ascolto una puntata di Tutta la città ne parla sul Terzo Programma della radio. Argomento lo smog che attanaglia le città. Unico imputato l’automobile privata. Come se non esistessero altri fattori. Senza distinguere tra i carburanti utilizzati, tra l’altro. Evidente la concezione sacrificale dell’auto come emblema di tutto ciò che si odia. Evidente non praticabilità delle soluzioni finali prospettate, in chiave apocalittica. Ma questo è un filone importante nel pensiero progressista, lo so bene.
  14. Tosse, bronchite e raffreddore,
    dalla stradina nessun rumore,
    all’alba un cielo senza chiarore,
    un merlo affamato sogna le more.
  15. La lode delle persone semplici tessuta da quelli che semplici non sono, e hanno molto potere, è sempre sospetta.
  16. Naturalmente la logica dice che se è vero che persone esperte possono anch’esse combinare disastri, pensare che la soluzione sia far largo agli inesperti e ai babbei è folle.
  17. Quelli di Radio3, Fahrenheit, Tutta la città ne parla, e altre trasmissioni che ascolto, ce l’hanno a morte con l’identità. Quando sentono la parola radici diventano come tori davanti a una muleta. No, per loro una civiltà non deve essere pensata come un albero con radici e rami, ma piuttosto come un fiume in cui si mescolano le acque di infiniti affluenti, e tutto si contamina e si meticcia. Come se questo salvasse gli umani dalla violenza, e il primo meticciamento non fosse quello delle armi. Ogni ricerca di radici alle loro narici puzza di fascismo. Radici di famiglie e di popoli e di nazioni, che orrore! Naturalmente l’orrore è solo per le radici bianche, europee e occidentali.
    Quando sento la parola radici a me invece viene in mente Kunta Kinte, l’eroe nero di Alex Haley, e anche una frase di Simone Weil: “Chi è sradicato sradica”. Che era in verità riferito ai nazisti.
  18. Molti degli attuali ministri sono idioti, nel senso greco originario del termine, cioè uomini dal ristretto orizzonte, e quindi incompetenti. I provvedimenti sull’inquinamento – esposti da un ministro che veramente sembra un poveraccio, che al massimo potrebbe forse gestire una tabaccheria – ne sono la conferma. Il dramma dell’Italia è che l’alternativa al governo degli idioti gestiti da un furbacchione sembra essere quella di un governo di esagitati, dementi, energumeni e folli.
  19. Quando si entra in una (impossibile) discussione con un animalista integrale ci si trova davanti a una linea di pensiero ostile al principio di non-contraddizione. Da un lato infatti l’animalista sostiene che tutti gli esseri senzienti hanno gli stessi diritti perché per natura sono sullo stesso piano, e che nessuno può stabilire che la vita di un topo valga meno di quella di un umano, e che l’antropocentrismo è un orrore assoluto; dall’altro l’animalista invoca la responsabilità degli umani verso tutti gli animali, responsabilità che nessun’altra specie evidentemente si assume, nemmeno gli evoluti scimpanzè, perché essi “non guidano macchine e non vanno al cinema”: in questo modo l’animalista pone (ed è l’unica cosa giusta che fa) una differenza ontologica tra la specie umana e le altre, senza percepire minimamente quali siano le conseguenze teoretiche di questa differenza affermata. Ma la cosa più sconvolgente è che l’animalista è strutturalmente incapace, a causa della natura paradossale dell’essere animalista, di cogliere la realtà della natura: gli spietati meccanismi di dominanza che governano le specie, la necessaria distruzione di innumerevoli giovani vite, degli individui deboli, malati, la predazione: da tutto ciò l’animalista medio distoglie lo sguardo, affamato di scene come quelle di gattini e topolini abbracciati, di gattini che giocano coi pitbull, ecc.: il mondo animale come mondo di sdolcinata pace, esattamente quello che non è. Certo che potrai fotografare il giovane lupetto che gioca con un agnello, e una foto del genere commuoverà le anime belle che affollano il Web. Ma la realtà naturale non è quella, quella è una mistificazione, una delle tante realizzate dall’unica specie che le sappia creare, quella che ha creato anche l’animalismo.
  20. Tutta la sapienza tragica degli ultimi tremila anni si condensa in questo distico, le cui profondità sono quasi insondabili, e che è leggibile e interpretabile a diversi livelli e con strumentazioni critiche differenti:
    “Non c’è scampo per il poveretto,
    e nemmeno un gamberetto”.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...