Neurotribù?

1405621727248094610Ed ecco qui dall’America, presentato da  Kate Knibbs, un nuovo libro sull’autismo,  Neuro Tribes di Steve Silberman. Molto politicamente corretto, molto progressivo, sostenitore della linea del “bisogna aiutarli, non normalizzarli”. Perché l’autismo non è che una variante della mente umana, “ed è, tra le altre cose, la ragione per cui Steve Jobs aveva quella capacità di concentrazione, ed è la cosa che aveva Bill Gates e che gli ha fatto fare tutti quei soldi”. Ora, se l’autismo fosse solo questo non sarebbe un handicap, ma un grande vantaggio in una società tecnologizzata e competitiva. Ma siamo alle solite, spesso ci si attacca ad alcuni casi di autistici di successo (molti dei quali non mi convincono molto in quanto autistici) per invocare un cambiamento generale di paradigma. Lo fa anche Silberman. Bene, io vedo questo obiettivo come molto lontano, e non cesserò di dire che lo Spettro che è stato creato potrà essere benefico alle persone che dai loro tratti autistici, dalla loro spruzzata di Asperger, trarranno motivo di autocomprensione, di spiegazione del proprio carattere e modo di essere, dei propri comportamenti, ma non sarà di alcun aiuto  a quelli che vengono chiamati autistici a basso funzionamento, persone che non sapranno mai che Bill Gates è autistico, perché non sapranno mai chi è Bill Gates, e ai quali, tanto per dirne una, quella capacità di concentrazione di Jobs l’autismo non l’ha data, mentre gli ha dato una estrema difficoltà di attenzione. Rivelando che il cosa dell’autismo è sfuggente. Ma è significativo che l’articolista chiami l’autismo “la cosa”, perché in questo modo pone il problema del che cosa. Che cosa mai è l’autismo? Sembra che sulla sua realtà, per varie ragioni, che secondo me sono essenzialmente socio-culturali, mentre ne sappiamo sempre di più, contemporaneamente anche ne sappiamo sempre meno.

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