Sono molti i motivi che rendono interessante e degno di ragionamento il breve ma succoso libro La gamba del Felice di Sergio Bianchi (Sellerio, Palermo 2005): dalla narrazione costruita per piccoli quadri alla mimesi dell’italiano semplice di un narrante popolare. Ma sono due gli aspetti della realtà che si evidenziano e che mi colpiscono in quest’opera: la rapidità del mutamento sociale e ambientale in Italia dagli anni Cinquanta ai Settanta, e la sparizione della cultura contadina, col mutamento antropologico corrispondente.
Ricordo bene, dal canto mio, la campagna veneta della fine degli anni Cinquanta, i contadini veneti poveri, la miseria di molte abitazioni rurali, quel tipo di vita che mi impressionava quando dalla mia Venezia andavo a trovare i parenti di campagna. Quel mondo, quel tipo di rapporto alle piante e agli animali, quella radicale alterità rispetto alla vita urbana, sono scomparsi, cancellati. Nel libro di Bianchi questo evento è reso…
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