Uscì nel 1998 questo libro di Alan Sokal e Jean Bricmont, due fisici, che reca come sottotitolo Postmodern Intellectuals’ Abuse of Science (Ed. Picador, New York). Essendo io culturalmente alquanto misogallo, godo pazzamente nel leggere tutte le assurdità scientifiche contenute nelle opere di Julia Kristeva, Luce Irigaray, Bruno Latour, Jan Baudrillard, Gilles Deleuze & Félix Guattari, Paul Virilio, e soprattutto in quelle del da me odiatissimo Jacques Lacan. Tutti costoro nei loro libri fanno sovente riferimento a concetti scientifici, con l’aria saperne molto, facendo credere al lettore di conoscere a fondo fisica, chimica, biologia, ecc., ma in realtà non ne capiscono un’acca, o quasi, sono dei semplici orecchianti. Ne consegue che non sono onesti, soprattutto non lo è Lacan, come io so bene, avendone conosciuto discepoli italiani gravitanti nell’area verdiglionesca di Spirali.
«Che dovremmo fare della matematica di Lacan? I commentatori sono discordi circa le intenzioni di Lacan: fino a che punto egli intendeva “matematizzare” la psicoanalisi? A questa domanda non siamo in grado di dare alcuna risposta definitiva – il che, in ogni caso, non ha molta importanza, dal momento che la matematica lacaniana è così bizzarra che non può svolgere un ruolo fruttuoso in alcuna analisi psicologica seria» (p. 36)
«Gli scritti di Lacan divennero nel corso del tempo sempre più criptici – una caratteristica comune a molti testi sacri – combinando giochi di parole con una sintassi franta: ed essi sono serviti da base per l’esegesi reverenziale svolta dai suoi discepoli. Ci si potrebbe chiedere se noi non ci troviamo, dopo tutto, di fronte ad una nuova religione.» (p. 37)