Un Dio coinvolgente.

werblcoinDottrina teologica su Dio, recita il sottotitolo. E su cos’altro dovrebbe riflettere una teologia? Il numero e la qualità delle note che occupano un grande spazio nelle 686 pagine della traduzione italiana (di A. Aguti e C. Danna) di Gott Verbindlich. Eine theologische Gotteslehre, e le 18 pagine della bibliografia, testimoniano l’immensa erudizione di Jürgen Werbick, uno dei teologi cattolici più significativi di oggi.  Werbick affronta qui la questione di Dio, e del Dio trino della fede cristiana, confrontandosi con le tradizioni delle Chiese, coi principali pensatori dell’Occidente (tra cui Nietzsche), e col pensiero contemporaneo. L’opera è poderosa, la lettura defatigante per la natura della prosa sinuosa di Werbick e per la sua estrema densità, che richiede un lettore sempre attivamente pensante.  Infine, non ne esco soddisfatto, e mi si confermano le grandi difficoltà in cui si avvolge oggi la teologia cattolica ufficiale e accademica, anche quando è straordinariamente dotata di intelligenza, come in Werbick. Soprattutto, ai miei occhi rimane aperto il baratro cosmologico. Ovvero, l’Universo qual era concepito nei secoli d’oro del Cristianesimo era il piccolo mondo abitato dagli umani, circondato dai Sette Pianeti, in cui il tempo che scorreva ovunque era quello stesso degli umani sulla Terra, misurato dai corsi del Sole e della Luna. Il tempo della fede e della teologia si inseriva senza difficoltà nel tempo della storia, storia sacra e storia profana si sposavano, e si poteva pensare al Dio trascendente come partecipante univocamente  alle vicende degli umani, con un prima e un dopo l’Incarnazione del Verbo. L’Universo come lo vediamo noi oggi, coi suoi miliardi di anni-luce e la miriade di mondi, e anche con la possibilità che non sia l’unico Universo, rende impossibile la tradizionale cosmo-teologia, e impone un pensiero audace, che però la Tradizione ostacola. Sicché anche in Werbick sembra che l’Universo su cui Dio esercita la sua signoria sia lo stesso piccolo Universo di Dante, e che il Dio dell’Universo sia solo il Dio della piccola storia degli umani. Inserendo, in qualche modo, la temporalità in Dio, Werbick vi inserisce il piccolo tempo terrestre. Ma che tempo è? E il resto del Cosmo? In tutto il libro, il passo per me più interessante si trova a pag. 460, dove confrontandosi con Nietzsche il teologo tedesco scrive:

«L’avversione ‘apocalittica’ di Dio e della fede a quanto accade in realtà in questo mondo è qualcosa di più di un risentimento, di un rifiuto della nostra vita nello spazio e nel tempo, che è fatta di nascita e di morte, di appropriazione e di dedizione di sé, di far soffrire e di soffrire e che vuole essere affermata in tutte le sue dimensioni? Con Nietzsche molti la vedranno così. Contro Nietzsche alcuni rappresentanti di interessi sanno oggi perciò utilizzare questo ‘argomento’ per le loro strategie: crede nella volontà di Dio colui che non ha il coraggio di accettare  questa vita come la realtà ultima e autentica e chi perciò prende troppo sul serio se stesso, le proprie sofferenze e sacrifici, la propria morte.
La fede dei cristiani nella volontà di Dio, che deve essere fatta contro tutto ciò che è semplicemente il caso e che conduce in ogni caso alla morte, al disprezzo delle sofferenze, alla degradazione dell’uomo,  la fede nella volontà che deve essere fatta al di là di tutto questo è effettivamente l’avversione, la volontà contraria a ciò che è infinitamente privo di volontà, al semplicemente fattuale; o a un non-volere, che non vuole altro che se stesso, partecipare al quale – con-volerlo – non significherebbe altro che sacrificarsi ad esso. E in questo senso la fede dei cristiani è avversione a un essere vittime. Già Nietzsche le ha rimproverato esattamente questo e esattamente per questo le ha intentato il processo morale e storico universale »[…] Ovviamente, neppure qui viene mai citato Girard…

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