L’uomo non è reale se non nel rapporto tra passato e futuro. L’umano è essenzialmente temporalità cosciente. Anche quando fa esperienza di una “sospensione del tempo”, all’interno di questa gli si dà una scansione, una successione. Inoltre, il tempo sospeso è sempre congiunto, da una parte e dall’altra, per così dire, al tempo scorrente, cioè al puro e semplice tempo. Noi non possiamo pensarci, come esseri umani, se non in una dimensione temporale. Esattamente per questo il Dio dei filosofi è sempre prossimo ad una identificazione col nulla, e il tentativo di declinarlo teoreticamente conduce al kolakowskiano orrore metafisico. D’altra parte, la punta speculativamente più alta della teologia cristiana annaspa ogni qual volta deve pensare l’eterno e il suo rapporto al tempo, e solitamente se la cava con formule quali “il tempo assunto nell’eterno” che in realtà non significano propriamente nulla al di fuori di se stesse.

il fascino del tempo è il suo essere: inafferrabile.