L’elemento faraonico nella Chiesa cattolica (la mia) mi è sempre apparso in tutta la sua evidenza. Non solo nella magnificenza dei papi, e nella loro simbologia, nella loro ieraticità circonfusa dell’oro dei pastori di popoli, come si definivano i sovrani d’oriente, ma anche nelle enormi proporzioni dei templi, nella loro smisuratezza babelica. La chiesetta romanica l’ho sempre sentita profondamente affine, la cattedrale gotica l’ho sempre percepita come un’offesa anzitutto estetica, come qualcosa di intessuto di hybris. E non parliamo di San Pietro, la sede del Deus in Terra.
Chiunque può cogliere il contrasto tra il fondatore povero, che sia un Francesco o un Domenico o un altro, e il rapido arricchirsi e potenziarsi dell’ordine. Ma qui al di là di danteschi sdegni, occorre cogliere il significato antropologico del processo religioso, per cui il sangue e l’oro sono così legati e quasi fusi insieme. Il vitello d’oro e il sacrificio, il sangue di Cristo nel calice d’oro. La vita di penitenza e ascesi di padre Pio e la cripta faraonica spendente d’oro in cui la sua mummia è traslata. Non v’è dubbio sul fatto che nella visione religiosa del mondo l’ascesi genera potenza. Il santo che si macera per decenni acquista potere, e questo potere è benefico, e ridonda sopra i suoi fedeli adoranti. Il fedele adorante non pratica lui l’ascesi, non si priva di nulla, ma chiede a chi si è privato di tutto, e così ha acquistato potenza, di usarla benignamente a suo favore. Nella cripta lucente d’oro ben pochi andranno per ricevere l’impulso a trasformare la propria vita nel senso della rinuncia cristiana e francescana. Ma la gente andrà per ricevere. La gente religiosa vuol fare del santo un re, sempre. E i re rifulgono d’oro e di potenza. In fondo, l’asceta che si auto-vittimizza, come Pio fa fino alle stigmate vittimarie, svolge la funzione del capro espiatorio eterno. Ma qui la folla non è l’agente diretta della vittimizzazione, ma quella che riceve i frutti positivi della vittima autogenerata, che viene poi divinizzata, nella forma non dichiarata ma sostanziale del culto cattolico dei santi.