Un Dialogo

Dialogo sullo stato presente del Bel Paese

di Eros Barone

Qualche giorno fa sono stato testimone di un dialogo fra due amici sinceramente preoccupati per la situazione sempre più periclitante del nostro paese. Siccome ritengo che i temi che sono stati trattati e il tono che lo ha animato rendano tale dialogo meritevole di particolare attenzione, ho provato a ricostruirlo per darne un sintetico resoconto ai frequentatori del blog dell’amico Fabio Brotto, che ringrazio ancora una volta per lo spazio che mi concede..

 

Caio: leggendo sui giornali gli indicatori concernenti il Pil, la produzione industriale, la deflazione, il costo del denaro, l’andamento dei prezzi dei prodotti petroliferi e agricoli, la disoccupazione, il livello dei salari e dei consumi, si ricava la netta impressione che il futuro dell’Italia sia avvolto da una nube di incertezza e circonfuso, per dirla con lo scrittore Ottiero Ottieri, da una irata sensazione di peggioramento. 

Mevio: leggendo un altro genere di notizie riguardanti non solo la raffica di leggi ‘ad personam’ imposte al Parlamento da questa maggioranza e da questo governo per porre chi lo presiede al riparo dalle inchieste della magistratura, non solo il carattere populisticamente pornocratico dello stile di vita esibito dal medesimo, ma perfino la fraseologia e la gestualità di alcuni ministri della Repubblica, puoi integrare, senza alcuna esagerazione, lo scenario di un declino che pare inarrestabile con uno scenario di crescente frantumazione. Ma, a questo punto, il problema non è più soltanto economico.

Caio: in realtà, il problema è quello di come sia ridotta oggi la fibra morale di questa nazione.

Mevio: suppongo che tu abbia un’idea precisa a questo proposito.

Caio: marcia. Una fibra marcia. Il problema, secondo me, è proprio questo. Un paese sano può sopportare crisi anche più  pesanti. Durante la seconda guerra mondiale abbiamo subito occupazioni, stragi, bombardamenti, distruzioni, una guerra civile, ma ci siamo risollevati. Perché la fibra morale del Bel Paese era ancora sana, nonostante vent’anni di fascismo, e per questo abbiamo potuto dar vita a quel prodigio di volontà politica, passione civile e tensione ideale che si chiama Resistenza.

Mevio: che per te è più che mai attuale.

Caio: sì, ma non nel senso che oggi l’antagonista sia il fascismo. Se il dilemma fosse questo, sarebbe tutto più facile. L’attualità della Resistenza è contenuta in questa semplice constatazione: la Resistenza è una delle pochissime esperienze, nella storia dell’Italia unita, della quale gli italiani possano essere orgogliosi. Il contrasto con lo stato presente del Bel Paese non potrebbe essere più schiacciante. D’altra parte, un popolo ha non solo gli uomini politici che si merita, ma anche i giornalisti che si merita, i banchieri che si merita e gli imprenditori che si merita. Alla fine è la società che crea lo Stato e non viceversa.

Mevio: sono d’accordo, ma non pensi che discorsi di tal fatta possano essere tacciati di facile moralismo.

Caio: sì, a patto, però, che si precisi il significato del termine ‘moralismo’.

Mevio: ora tocca a me essere più preciso. La questione del moralismo ha due implicazioni: da un  lato, con questo termine si indicano quei discorsi che sembrano comportare una qualche superiorità morale, tutta da dimostrare, da parte di chi li fa; dall’altro, si allude alla mancanza di efficacia pratica che affligge questo genere di discorsi: se tutto il paese è corrotto sembra che non vi sia più nulla da fare se non ritirarsi in un eremo.

Caio: d’accordo, credo anch’io che la Tebaide non costituisca una soluzione e che l’equiparazione qualunquistica fra corrotti e corruttori sia soltanto un prodotto dell’impotenza e della rabbia. È sempre necessario guardarsi dalla tendenza a generalizzare e distinguere i diversi aspetti presenti nelle situazioni concrete. Il problema, tuttavia, non è di stabilire che Tizio è più onesto di Sempronio. Si tratta di capire che così non si può andare avanti, che questo paese si sta letteralmente disgregando. È un dato di fatto, e capirlo non ha nulla a che fare con un atteggiamento di superiorità morale. Pensa, per fare un esempio, all’aggressività, alla tensione e all’insofferenza che dominano i rapporti quotidiani e rendono così scadente la qualità della vita sociale che si svolge in questo paese.

Mevio: che cosa vuoi dire?

Caio: pensa al nervosismo e all’insofferenza che si percepiscono a fior di pelle durante una fila all’ufficio postale, e immagina di fare una fila non per spedire una raccomandata ma per ottenere un buono pasto per te e per i tuoi figli. Che cosa succederebbe in questo paese?

Mevio: finiremmo col prenderci a coltellate, è questo che vuoi dire. Qui però faccio fatica a seguirti: capisco l’importanza dell’economia o della questione morale, ma, pur concedendo che siano reali, questi fenomeni che importanza hanno?

Caio: sono il modo in cui si manifesta la disgregazione del paese. La tensione e l’aggressività latenti, che per il momento dànno luogo ad aggressioni fisiche solo in casi limitati (contro i migranti, per esempio), sono un effetto, e le cause sono da ricercare nella tensione crescente che inasprisce le relazioni sociali, a partire dai rapporti di  lavoro. Il declino economico del Bel Paese si traduce nella fatica sempre maggiore per conservare il livello di vita al quale siamo abituati, mentre la diffusa inosservanza delle regole della convivenza civile genera continuamente problemi che ciascuno affronta a livello individuale, con le proprie forze. Siamo sempre più stanchi e insofferenti. Si fa sempre più fatica a capirsi. Viviamo in un paese in cui persino i saluti non si corrispondono. Io dopo il mezzodì auguro la ‘buonasera’, mentre i miei interlocutori mi rispondono ‘buongiorno’, come se fosse ancora il mattino.

Mevio: che vuoi dire?

Caio: ti sto dicendo che siamo un paese in cui non ci si accorda più nemmeno nello scambiarsi i saluti. Possiamo durare in queste condizioni?

Mevio: non so. Tu che cosa dici?

 Caio: che vorrei vivere in un paese dove buongiorno voglia veramente dire buongiorno e buonasera buonasera tanto per il significato reale quanto per il valore civico che i saluti, giustamente definiti dai sociologi ‘carezze sociali’, assumono nei rapporti fra le persone.

3 pensieri su “Un Dialogo

  1. “la Resistenza è una delle pochissime esperienze, nella storia dell’Italia unita, della quale gli italiani possano essere orgogliosi”. Il fatto è che la Resistenza non è stata un’esperienza di unità, ma di divisione. Ed è stata anche un’esperienza di coinvolgimento parziale della nazione: il Sud da Napoli in giù non vi ha partecipato affatto. Ergo, essa non può essere un modello per il presente, in nessun senso…

  2. però era un modello di ribellione a certi regimi dittatoriali….inaccettabili.
    l’unità la si costruisce su basi che abbracciano gli interessi di tutta la popolazione.
    sono d’accordissimo sul marciume morale che impregna il nostro governo…
    la vera crisi è quella che silenziosamente prende piede, divorando chi non trova le risorse per ribellarsi a questa condizione.

    è triste questa cosa sul saluto, privarci delle cose più naturali è inammissibile.
    Buona sera Fabio

  3. Vorrei ringraziare Eros Barone per il delizioso dialogo ( una quasi operetta morale in perfetto stile leopardiano): i problemi del Paese sono seri e quelli dell’ Uomo moderno necessariamente di più, ma ironia, istruzione, autocritica ed osservazione spassionata e lucida della realtà, sono forse le sole armi atte a garantire l’ indipendenza del pensiero e la creazione di una solida etica dei costumi in ogni ambito del civile vivere.
    Prima, però, dovremo percorrere tutto il trend discendente -come ci insegnano gli economisti- e toccare il fondo. Direi, ad occhio e croce, che quasi ci siamo…
    Gli scienziati sostengono che il DNA degli umani consta dello stesso numero di geni atti alla cooperazione ed al conflitto: con ogni probabilità in situazioni di stress eccessivo ( e perdita o precarizzazione del lavoro, ad esempio, lo sono di certo), nei rapporti sociali predomina l’ aggressività, ed io ho il sospetto che, in ogni caso, la maggioranza che vi ricorre non vedesse davvero l’ ora di darne sfogo, con un pretesto od un altro.
    Dice bene Caio: “fibra marcia”; ma che cosa l’ ha guastata? Il potere politico ed economico e la corruzione morale che inevitabilmente da questi si originano?
    Oppure è l’ essenza umana, genericamente ed universalmente intesa, così poliedrica, contraddittoria, mai completamente definita, a condurci puntualmente alla disgregazione ed alla degenerazione?
    Avrà mica avuto ragione il satiro dionisiaco Sileno nella sua terribile rivelazione?
    Molte persone stanno perfettamente a loro agio, e godono alla grande di estesi privilegi, nel Bel Paese.
    L’ indignazione ci rende puri ed orgogliosi. E’ bello.
    Ma loro sono la maggioranza. E “per fortuna o purtroppo”, siamo in democrazia.

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