Adrienne Mesurat

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La vita, la propria, come valore zero è l’esperienza di un personaggio che non ha vissuto e non ha visto il mondo. È una vita allo stato iniziale, larvale, quella asfissiata di Adrienne Mesurat, la protagonista dell’omonimo romanzo di Julien Green (1927 – ho letto la traduzione di A. Tofanelli, Corbaccio 1998), che non riesce a vivere una vita pienamente umana, cioè fondata su relazioni significative, su una reale comunicazione con altri esseri umani.
Ennesimo romanzo di formazione fallita, in cui la frequentemente denunciata oppressione genitoriale non è quella solita di un padre sul figlio maschio, ma di un padre sulle due figlie. La maggiore è tisica, la minore, l’adolescente Adrienne, ha un pessimo non-rapporto anche con lei. La solitudine domina i tre personaggi che compongono la famiglia, in cui il vedovo abitudinario e compiaciuto della propria vita, Mesurat, impone un regime claustrale. Nessun altrove però, per Adrienne, nessun mondo di sogni e di evasione. Ella è un cuore arido, per cui è difficile provare pietà. Il suo graduale annientamento psicologico dipende anche dalle sue scelte, determinate da un vuoto interiore così assoluto che è difficile potervi accostare qualche altro personaggio femminile (che sia giovane e bello come lei) della letteratura occidentale. Un giorno il padre muore cadendo dalle scale. Adrienne non è senza colpa per questa morte. Ma non è questa la sua colpa originale. “Allevata da un padre che non viveva che per le proprie comodità, da una sorella che non pensava che alla propria malattia, s’era indurita assai presto” assumendo a sedici anni quella che sarebbe rimasta come la sua forma permanente. “Senza amiche, senza desiderio apparente di legarsi a qualcuno. […] Niente faceva presa su di lei, nulla temeva e nulla la interessava. La noia e una sorta di rassegnazione scontenta erano le sole cose che si leggevano nei suoi lineamenti”. Priva anche di fede religiosa, Adrienne assomiglia ad una “monaca senza fede”. È una vita asfissiata. È un romanzo asfissiante, al cui confronto Gli indifferenti di Moravia appaiono un divertente racconto di avventure. Tuttavia è un romanzo da leggere, che pone infine la seguente domanda: è forse la narrativa un succedaneo di processi vittimari reali? Se è così, esiste una tendenza degli scrittori a prediligere vittime giovani, e spesso giovani donne? È lo scrittore un sacer-dote, come aveva intuito Novalis, ovvero un operatore di sacrifici umani?

4 pensieri su “Adrienne Mesurat

  1. Ciao. Sto preparando Adrienne Mesurat per un’esame all’università. Ho una idea un pò più morbida della sua incapacità di provare sentimenti. Io credo che l’amore per il dott. Marecourt sia espressione di sentimento, per quanto naif.

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