Autografia romanzata, ma non troppo, Confessioni di un borghese di Sándor Márai (trad. it. di M. D’Alessandro, Adelphi 2003) è un testo del 1934-35. L’autore lo scrive, per così dire, prematuramente, visto che il suo anno di nascita è il 1900. Diviso in due parti, di cui la più interessante e avvincente è l’infanzia-adolescenza in Ungheria, si può considerare sotto le specie di romanzo di formazione, che avviene attraverso una lunga serie di incontri con ambienti e personaggi molto vari e culturalmente differenti. Il libro narra fondamentalmente il maturarsi di una vocazione: quella di scrittore e scrittore ungherese che si sviluppa tra Berlino e Parigi negli anni successivi alla Grande Guerra. Nella vasta galleria umana del libro mi ha particolarmente colpito la descrizione accurata di Hanns Erich, un giovane tedesco con cui Márai tenta di stringere una impossibile amicizia. Teniamo presente che nel 1935 le categorie di autismo (nel significato oggi vigente) e di sindrome di Asperger sono ovviamente ignote. Riporto dalle pagine 301-305. Un pezzo interessante anche per gli psicologi, e per tutti coloro che ritengono che l’autismo sia un continuum, entro il quale non è semplice individuare salti qualitativi. Continua a leggere
Sándor Márai
Sindbad torna a casa
Il protagonista di questo libro di Sándor Márai è Gyula Krúdy, uno scrittore del primo Novecento magiaro, un raffinato dandy. Marai ne narra una giornata, l’ultima della vita, in cui “Sindbad il marinaio” esce di casa per recarsi in città, nei luoghi da lui amati, passando dal bagno turco al ristorante, e finendo per cantare un’ultima volta in sé l’elegia dell’antica vita ungherese. La ricchissima, avvolgente e nutriente prosa di Marai si fa qui poema sinfonico, che anche un orecchio non ungherese come il mio può apprezzare e godere. In questo straordinario congedo si può identificare chiunque sia portato a meditare sui vani disegni degli umani, e sulla bellezza del mondo che essi abitano come ospiti passeggeri.