Natale 1958: vista la mia passione per gli insetti, i miei mi regalarono una lente. La usai per molti anni, per guardare il mondo piccolo, specialmente durante i due mesi di villeggiatura estiva in montagna. Ricordo che le prime creature viventi che osservai con quella lente furono, nella primavera del 1959, degli afidi su di una piantina di fiori che ornava il terrazzino della nostra casa a Venezia. Di quelle creature appresi molte cose interessanti nei libri, ma anzitutto mi colpì moltissimo che animali così piccoli fossero chiamati anche col nome reboante di gorgoglioni. Lessi anche che venivano chiamati le vacche delle formiche, perché queste usano pascersi delle loro deiezioni zuccherine, e le stimolano con colpetti delle loro antenne, quasi mungendoli. Vigilano anche su questi loro armenti, perché gli afidi, attaccati col loro rostro alle piante da cui succhiano la linfa, sono totalmente indifesi, e di fronte ai loro predatori sono come le pecore davanti ai lupi. Imparai, leggendo degli afidi, che in natura spesso l’apparenza inganna, e che le coccinelle, che pur d’aspetto sono forse gli insetti più simpatici e attraenti, sono tigri fameliche e sterminatrici di gorgoglioni. E proprio considerando la sorte di costoro, che sono un popolo numerosissimo, prolifico e continuamente falcidiato, appresi che per la natura la vita del singolo non vale nulla. Ben prima di leggere Leopardi.
E oggi gli Italiani, chissà perché, mi appaiono come un popolo di gorgoglioni.






