Baldini & Castoldi ha ripubblicato qualche anno fa uno dei grandi romanzi del secondo Novecento, Il derviscio e la morte di Meša Selimović (a cura di L. Costantini).
E già non lo si trova più.
Storia di una vendetta, del crescere graduale di un odio feroce nell’anima di un derviscio (una sorta di “frate” musulmano) di Bosnia, come tutti i grandi romanzi l’opera dello scrittore serbo apre uno squarcio nel cuore dell’umano, dove si annida quella malvagia passione del distruggere e dell’essere distrutto che ha nome violenza. Il derviscio di Selimović è un derviscio per modo di dire. La sua interiorità non è certo quella di un vero esponente dell’ordine religioso, ma piuttosto quella di un intellettuale del Novecento, di un tipico intellettuale del Novecento, quale si presenta in innumerevoli romanzi dell’ultimo secolo: in contrasto col potere dominante, verboso, tormentato, inconcludente, fortemente risentito e infine sconfitto. La collocazione storica della vicenda bosniaca…
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