Dacca e i Curdi

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Un ragazzo e due ragazze bengalesi sono seduti ad un tavolo del ristorante Holey Artisan Bakery di Dacca. Tutti e tre sono musulmani e vestiti all’occidentale. Irrompe un gruppo di terroristi-martiri sunniti. Tutti e tre i ragazzi bengalesi sono in grado di recitare versetti del Corano. Al maschio è offerta la libertà, che lui eroicamente rifiuta pagando il suo gesto con la vita. Alle femmine no, e sono senz’altro uccise. Perché questa differenza di trattamento? Quei giovani non sono tutti ugualmente islamici? Non conoscono forse il Corano? È del tutto evidente che qui secondo i fondamentalisti vi è una questione di genere: nel senso che al maschio nella loro visione è concessa da Dio una serie di libertà e autonomie che invece da Dio alla femmina sono negate. Un uomo può anche vestirsi, se crede, in maglietta e jeans, una donna no. Se lo fa tradisce l’Islam ed è nei fatti una rinnegata, e va trattata come tale, i rinnegati devono morire. Qui si coglie un punto centrale: la questione del ruolo della donna nelle società islamiche, del suo stato di sottomissione al maschio. È proprio per la centralità di questo elemento critico che gli occidentali dovrebbero appoggiare in ogni modo il popolo che all’interno del mondo musulmano ha visto il massimo grado di emancipazione della donna, e che potrebbe essere un faro per quel mondo: il popolo curdo. Dubito fortemente, dati i precedenti, che l’Occidente si muoverà con intelligenza.

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