Il paese delle maree

Il paese delle maree

Ne Il paese delle maree di Amitav Ghosh (The Hungry Tide, 2004, trad. it. di A. Nadotti, Neri Pozza, Vicenza 2005) troviamo la figura di un insegnante in pensione, rivoluzionario marxista fallito, che sconta la propria inadeguatezza in un disperato tentativo di combattere un’ultima battaglia (culturale) dalla parte dei poveri contadini immigrati in un’isola da cui il governo indiano li vuole espellere. Il momento del congedo dalla scuola, quel momento che per ogni insegnante che abbia vissuto il mestiere come vero e proprio modo di esistere assume caratteri estremamente critici, per l’insegnante Nirmal (Nir- come Nirvana?) appare quasi come portatore di una rivelazione. Esso mette in luce un elemento mimetico-rivalitario sempre costitutivo di ogni comunità umana, anche di ogni comunità docente, e qui espresso con una concentrazione poetica folgorante. Mai ho trovato descritta in modo così sconvolgente la miseria di una condizione umana e professionale: «chi ha fatto per trent’anni lo stesso mestiere diventa come muffa sul muro: tutti desiderano ardentemente di vederla asciugare alla fulgida luce del nuovo giorno».

Con l’avvicinarsi dell’ultimo giorno di scuola era sempre più evidente che gli altri insegnanti aspettavano ansiosi il mio congedo… non per malevolenza, credo, semplicemente per la curiosità di vedere cosa riservava il futuro. Chi ha fatto per trent’anni lo stesso mestiere diventa come muffa sul muro: tutti desiderano ardentemente di vederla asciugare alla fulgida luce del nuovo giorno. (p. 170)

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