Sacrificium primum

 In te la luce, in te muore la pace
pietra squadrata, orgoglio dell’altare.
Rivedi i sacrifici, le miriadi
prostrate all’aura divampante, i sacri
detti di bronzo. Antico un colle
fu salito da deboli piedi. I tuoi davvero,
occhi rinati dalle glebe,
fiore dell’occidente. Rose che morse
l’affanno delle leggi cangianti, il fiume
delle civiltà declinanti. Come potesse
una benedizione avida, illusa
cambiare i mondi. Muto astro d’amore
tinge le spine che carne avida nutre.

Così ti basti il nome. Altro non puoi
se non la caccia dell’algida pantera
tra ramarri fugaci, di dragoni antichi
brandelli di ricordo. Tu nascesti
Dopo il tramonto, quando le legioni
scendono nella notte.
Teli consunti, corrose le spade,
ruggine la lorica ti fu imposta
di inutile guerriero.
Ma sali gli scalini del tempio:
non c’è mai vuoto di sacrifici, e metti il nome.
Dove la scure resta, che si abbatte
su fragili cervici. E chi le bende
vede alianti nella poca luce
trema per le miriadi inconsapevoli
e per le orecchie chiuse alle dure Cassandre.
Immisurate greggi di capri e agnelli
Scendono, ombre, alla corrusca scena.

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