Entrare in un micromondo implica abbandonare la percezione dell’intero cui si è abituati. Questo è un albero, contemplato nella dimensione che consente di vedere alcuni abitatori invernali della corteccia. Un gruppo di splendenti Horvathiolus passa qui, nei profondi corrugamenti, il suo inverno. Ogni volta che li vedo, mi ricordo della mia infanzia di microcacciatore e piccolo filosofo naturale, e di Roncegno e della Valsugana, l’Eden primordiale della mia memoria. Concentrare l’attenzione sui micromondi è una pratica che allarga la mente e aggiunge dimensioni nuove allo spirito.

Me li ricordo bene anch’io, da bambini li chiamavamo “gjaul des cocinelis” (diavolo delle coccinelle).
Elio
mikròs kòsmos….e già mi lascio risucchiare anche io :-)
premetto che non amo gli insetti ma l’osservazione, come tu fai notare, di questi piccoli mondi in movimento è veramente sorprendente.
Ci sono corrispondenze tra gli astri del firmamento e le parti dell’organismo umano (lo sosteneva Paracelso e Bruno) e quindi mi piace pensare all’idea leibniziana di armonia prestabilita tra le forze spirituali e quelle materiali dell’universo.
è tutto meravigliosamente collegato….:-)
E anche orribilmente, a volte, come si è detto.
contemplare i micromondi è qualcosa che ho sempre fatto con grandissima soddisfazione…ho anche desiderato poterli dipingere, riprodurre in qualche modo conservandone però qualcosa di vivo. Still life. Come nel pezzo di prato di Durer
a dire il vero, caro Fabio, trovo più orribili certi atti compiuti dall’uomo.
mi ricordo un gita a valsugana erano le medie inferiori,se non erro,me la ricordo bene.Bellissimo luogo.L animaletto …milanista.. non lo conosco:(saluti Fabio:)