De philosophia italica 2

Il secondo capitolo di De philosophia italica è dedicato a Vico. Secondo Vander, Vico con la sua opposizione a Cartesio non scivola affatto nell’irrazionalismo, ma …”non si limitava a rovesciare il paradigma cartesiano (cioè non metteva semplicemente la ragione al servizio del corpo), sosteneva invece che solo il loro ‘insieme ‘, teoria e prassi, ragione e passione, idee e corpo, costituisce il fondamento, la verità. Solo un pensiero incarnato (essenzialmente storico) può poi determinarsi nei più astratti concetti (della filosofia, della scienza, ecc.), cioè ‘è proprio per questo che penso’. Il pensare preso separatamente è una determinatio (che è dimidiatio, cioè astrazione) del fondamento dialettico (p.51). Vander rivendica pienamente Vico alla modernità (dialettica), mentre Vincenzo Cuoco, nonostante i suoi meriti, si costituisce come un “anti-Vico” (p. 57) la cui concezione moderata della classe politica (in sostanza la borghesia, che fagocita, neutralizzandoli, gli esponenti potenzialmente pericolosi di altre classi) comporta “Una divaricazione fra riformismo non democratico e modernità politica che segnò la storia del Paese nei decenni successivi e che anzi è la vera ragione di fondo della storica immaturità liberale e democratica dell’Italia moderna e contemporanea. Divaricazione che per altro dà ragione della ‘fortuna’ che ebbero letture alla Gentile (e in ultima istanza anche regimi politici alla fascista)” (p. 57).

Lo sguardo di Vander non è lo sguardo di un puro filologo, nonostante l’apparato critico di livello accademico, ma è puntato sull’Italia di oggi con le sue radici storico-culturali e politiche.

2-continua

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