Vecchio pensiero

Lo ripenso. La debolezza del pensiero attuale si verifica anche in questo, nella sua assoluta incapacità di porre la relazione tra arte (letteratura in primis) e giustizia. Poiché l’artista moderno è fondamentalmente un apostata, un rinunciatario o un velleitario servo delle emozioni (ovvero della parte bassa dell’umano), egli si pensa come uno scuotitore della società, un ribelle o un anarca, mai come uno che debba rappresentare la giustizia come virtù dell’anima. Etica ed arte sono scisse concettualmente da secoli, e coincidono talvolta solo per accidens. Ma questo non può che accadere necessariamente, nel momento in cui il sistema culturale di riferimento si intende come fluido, mutevole, incostante, ed è diffusa universalmente la convinzione dell’arbitrarietà, convenzionalità e relatività delle tavole dei valori. Il valore etico di un comportamento e di un’azione può essere misurato solo in rapporto ad una legge intesa come assoluta (in quanto libera dal flusso caotico degli eventi e delle passioni), da cui le norme positive attingono forza. Nel momento in cui quell’assolutezza diviene impensabile, allora restano solo le pretese della singolarità, le brame del soggetto, e infine il mero prevalere della forza. Come si vede nell’Italia contemporanea.

2 pensieri su “Vecchio pensiero

  1. Bhè, mi sembra un concetto alquanto drastico…
    l’artista non può essere un modello di assoluta perfezione etica…
    dall’artista deve trapelare proprio quella zona scura dell’anima che popola l’individuo che a sua volta popola il mondo.

  2. Da quel poco che so della letteratura italiana contemporanea mi sembra proprio che le storie proposte siano esclusivamente centrate sul singolo soggetto, le sue angoscie, le sue nevrosi, le sue trasgressioni e così via. Mi sta bene che facciano emergere una realtà condivisbile, ma spesso, non trattandosi di una “trasgressioni vere”, che rimanderebbero a un peccato, anche se questa parola oggi non è politically correct, e quindi a dei valori (assoluti) disattesi o combattuti, non hanno, tutto sommato, lo spessore del tragico, non possono essere arte, ma solo entertainement. Nel “Nuovo mondo” di Huxley a cui il nostro somiglia ormai in modo impressionante, non c’è posto per il dramma, gli artisti non sanno inventare che telenovele e leggere Shakespeare è uno shock: l’arte non è più possibile nel nostro Brave New World!

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