Sul treno

Prendo tutte le settimane il treno per Venezia, per andare a trovare mio padre. E’ la linea Udine-Venezia, con fermata a Treviso, dove salgo in carrozza. Alle 8.36 la carrozza è piena di gente, soprattutto studenti che vanno all’Università di Venezia. Una umanità interessante da osservare e ascoltare, perché in qualche modo, almeno parzialmente, dipinge il futuro del Paese. La osservo con curiosità.
Nessuno legge mai nulla, né libri né giornali. Qualcuno studia gli appunti di qualche esame. Altri sonnecchiano. La maggior parte chiacchiera. Soprattutto i maschi mi colpiscono per la loro loquacità, e per la fatuità dei loro argomenti.
L’altro giorno mi sono trovato vicino a due amici ventenni, due ragazzi sicuramente di buone e ricche famiglie (entrambi parlavano della propria automobile), e mio malgrado ho dovuto subire la loro conversazione. Parlavano educatamente, in buon italiano e senza parolacce. Educati.  L’argomento era uno solo: quale fosse il migliore locale per il sabato sera. Infine ho capito che per migliore dovevasi intendere quello in cui ci si poteva sbronzare con meno problemi. Su quale fosse quel locale la discussione si è protratta a lungo. Infine i due si sono interrogati su quali stradine fosse più opportuno prendere per fare ritorno a casa all’alba della domenica evitando i controlli anti alcool e droga da parte dei carabinieri. Nessuno dei due sembrava sospettare la possibilità di essere causa, guidando in stato di ebbrezza, della morte propria o di altri. Terminata la discussione, uno ha estratto dallo zainetto un mazzo bisunto di carte da gioco, e il resto del viaggio è stato impegnato da una partita. Devo dire che giocavano come professionisti.

10 pensieri su “Sul treno

  1. Il treno dei pendolari: laboratorio sociologico

    La ‘tranche de vie’, osservata da Fabio Brotto sul treno Udine-Venezia e da lui narrata in questo ‘post’, mi ha riportato alla memoria analoghi episodi di cui sono stato testimone nel periodo in cui, per ragioni di lavoro, ebbi a frequentare i treni dei pendolari lungo la linea Gallarate-Milano: circostanza, questa, che mi permise, volente o nolente, di raccogliere molteplici osservazioni sul comportamento dei miei simili (ma anche e soprattutto dei miei dissìmili).
    Così, fra un trillare, uno squittire e un gracidare di telefonini (il nostro non è forse, come vuole Jeremy Rifkin, il “secolo biotech”?), mi accadeva di captare lacerti di conversazione come questo: «Ho sempre desiderato possedere un Rolex», sospirava un’attempata signora seduta al mio fianco, rivolgendosi a una coppia di suoi amici della stessa età, che la consolavano: «Beh, ora dovresti essere contenta». Risposta: «Come faccio ad essere contenta se, ora che ce l’ho, mi tocca tenerlo in cassaforte e girare con questo baracchino al polso?»
    Altre volte (ahimè, le più frequenti), mi accadeva di assumere il ruolo del convitato di pietra, tanto copioso era il profluvio di volgarità, non solo manifestata ma perfino esibita e ostentata, che mi scorreva accanto: un linguaggio genitale che sciabordava come acqua sporca e stagnante nelle bocche più diverse, ma che colpiva ancor di più (e, prima ancora del senso morale, il senso estetico) quando veniva emesso dalle bocche di giovani donne, talché mi tornava in mente, poiché calzava a perfezione con la fattispecie, quel passo di Paolo Sègneri, grande predicatore del Seicento, laddove asserisce che «chi parla male vive peggio». E, assieme a questo ricordo delle mie letture liceali, mi sovveniva un’altra fondamentale annotazione del barone Charles de Secondat de la Brède et de Montesquieu, laddove, riflettendo sulle “Cause della grandezza dei Romani e della loro decadenza”, osserva che il livello morale di un paese dipende dal livello morale delle sue donne (verità, questa, che, stante l’attuale composizione demografica, non va intesa in modo moralistico e filisteo, ma con laica consapevolezza).
    Naturalmente, occorre tener conto che queste, per quanto ripetute, erano esperienze personali e che esiste un certo numero di casi in cui i miei connazionali, parafrasando il Leopardi del celebre “Discorso sugli Italiani”, dimostrano di non avere solo ‘usi’ ma anche ‘costumi’.
    Purtuttavia, una considerazione sulla genesi e sugli effetti di una interazione sociale che è patologica e, in alcuni casi, teratologica, si impone, e riguarda la squallida opacità di tale interazione, squallore e opacità che sono universali come il mercato, questo dèmone infaticabile che tutto spinge verso il basso e che omòloga al livello peggiore i comportamenti sociali.

    Eros Barone

  2. non voglio essere retorica nel mio commento ma la superficialità nei giovani di oggi dilaga e spaventa…ma non è colpa loro, è colpa del sistema e dell’educazione…
    simpatico il fatto che i maschi sanno essere loquaci e pettegoli più delle femmine :-)

    una cosa che non posso non riferirti, appassionato come sei di formiche :-)
    sto guardando un documentario sulle formiche esercito e sulla cicindela…

  3. Non intendo generalizzare sui giovani, e men che mai assumere la posizione del “senex severior”. Mi limito ad uno sguardo sulla realtà circostante. Su un altro sedile stava una bellissima ragazza sprofondata nello studio. Realtà differenti.

  4. è giusto che sia solo uno sguardo…è troppo facile criticare ogni cosa…bisogna prenderne atto osservando…

    tornando alle formiche, mi faceva molto impressione vedere quegli eserciti divorare ogni forma vivente, addirittura anche le scimmie scappavano…
    poi è apparsa la cicindela, neanche esageratamente grande, e mi ha altrettanto sorpreso la sua determinata calma nel succhiare la formica fino alla morte.

  5. Io ho preso quel treno recentemente, per andare a vedere il carnevale di Venezia. Il prossimo anno magari ci ritroviamo per tale occasione, Fabio? :-) Io un tricorno nero, là comunemente in vendita, l’ho comperato, lo trovavo piuttosto elegante. In treno davanti a me sedeva una leggiadra ragazza, che leggeva un romanzo, mentre sull’altro lato tre giovani ascoltavano condividendosi le cuffiette la loro musica commentavano, con apparente competenza, sulle qualitù del batterista. Non mi sembrava fosse cambiato granchè da quando avevo la loro età.

  6. Le donne, da che mondo è mondo, sono condannate a costituire nell’ immaginario collettivo una “categoria” (naturalmente penalizzante), ed essere in qualche modo ghettizzate, perfino in un’ osservazione sociologica generica come quella del post: è un modo come un altro di perpretare il maschilismo, quest’ eterno figliol prodigo. Perché mai scandalizzi maggiormente una giovane donna piuttosto che un giovine uomo sboccati non è facile, mi pare, da spiegare senza addurre al pregiudizio. Neppure questo è cambiato granché…

    1. In effetti scandalizza maggiormente una signora sboccata .
      Però che questo debba essere ” naturalmente penalizzante ” non è facile, mi pare , da spiegare senza addurre al pregiudizio .
      E al vittimismo

  7. In fondo è solo questione di abituare il pubblico .
    Potrebbe dare un contributo smoccolando quotidianamente ,bestemmiando e sputando per terra .
    Quanto a me darò il mio contributo contro la ghettizzazione esprimendomi in modo civile.

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