Donnole

 Non è facile incontrare la donnola. Il modo più frequente è in automobile, quando un esserino velocissimo, che solitamente viene scambiato per un topo o una grossa lucertola, attraversa l’asfalto in un lampo. Non ne ho trovata mai nessuna schiacciata dalle ruote. Sono davvero piccole. Il maschio più grosso arriva ai due etti. In montagna d’inverno diventano tutte bianche, e si distinguono dai cugini ermellini solo perché questi hanno nera la punta della coda . Sono formidabili predatori, che si insinuano nelle tane dei topi, e che attaccano animali molto più grandi di loro, come conigli e galline. Da vicino ho incontrato la donnola due sole volte, e ci siamo guardati negli occhi.

La prima volta è accaduto in montagna, un settembre caldo e assolato. Stavo mangiando un panino vicino ad una catasta di legna all’aperto, quando proprio dalla sommità di quella ha fatto capolino una donnola, e si è levata sulle zampe posteriori, e curiosa del mio atteggiamento mi ha fissato a lungo, e io affascinato ho guardato lei. Stava probabilmente andando a caccia di topi e lucertole in mezzo a quei pezzi di legno.

Il secondo episodio è accaduto sulla riva del fiume Zero. Stavo pescando, quando da una delle tante tane di arvicola che costellano l’argine è uscita una natrice dal collare, la comune biscia d’acqua, che spesso osservo a caccia di pesciolini durante le mie escursioni. Mentre la guardavo, all’improvviso una donnola è apparsa e si è lanciata sul rettile, che si è salvato per un pelo, lanciandosi in acqua. Mancato il colpo, la donnola mi ha visto sull’altra riva in piedi, e si è alzata sulle zampe posteriori, e mi ha fissato a lungo. E io per lei ho provato un’immensa simpatia.  

La vita di questi piccoli predatori è avventurosissima, e certo rischiosa. Sono parenti strette anche dei furetti, che possono essere tenuti in casa come gattini, ma mantengono il carattere predatorio e, come tutti quelli della loro famiglia, amano bere il sangue delle vittime. Osservando le dentature dei nostri amici prediletti, i cani e i gatti, dovrebbero sorgere delle riflessioni. E’ forse un caso che i nostri migliori amici abbiano quei formidabili denti da carnivori predatori, e non pacifiche dentature pecorine?

 

 

9 pensieri su “Donnole

  1. In generale nutro ammirazione per il coraggio, l’aspetto, l’agilità e la forza compressa dei mustelidi: ho visto in un filmato un tasso contrattaccare un orso ed era davvero ammirevole. Altrettanto dicasi di un’incredibile lontra che fingeva addirittura di zoppicare per indurre un coyote ad attaccarla, soltanto per attirarlo in acqua e farsene beffe. Invece quei piccolini lì,donnola ed ermellino, hanno degli occhietti cattivi che non mi inducono molta simpatia. Una volta ne ho vista una transitare circospetta, mentre sostavo ozioso nei pressi di un luogo del Tagliamento dove d’estate si va a fare il bagno, e mi ha fatto una strana impressione. In generale mi sembra indubbio che i predatori sviluppino caratteristiche che li rendono superiori anche esteticamente alle loro prede (con qualche eccezione, tipo la jena, coraggiosissima e potente ma che bella proprio non è) però in tutte queste dentature appuntite mi sembra nascondersi una verità non tanto bella da contemplarsi, non tanto compatibile con un Dio onnipotente insomma.

  2. L’idea di un Dio onnipotente mi pare incompatibile con le dentature aguzze e gli istinti sanguinari solo se quel Dio è visto come una sorta di Grande Uomo, con una moralità da uomo, e da uomo vegetariano-pacifista-occidentale contemporaneo. Insomma, solo in presenza di un Dio psichicamente antropomorfo.

  3. Sono d’accordissimo Fabio, ma il punto è che un Dio onnipotente che architetti volontariamente un sistema che si regge sul perpetuo affondamento di coni appuntiti entro carni sensibili e terrorizzate, mi pone qualche problema, diciamo così, “affettivo”. Risulterebbe sì onnipotente, ma talmente alieno che in fondo può anche fare a meno di esserci, ovvero limitarsi a coincidere con il Tutto – come una ragione spassionata mi suggerirebbe che sia, mentre una ragione appassionata spera ancora in qualche meravigliosa deformazione antropomorfa: non saremmo forse fatti a sua immagine? – sarebbe un po’ triste per una povera creatura doversi sentire “più buono” del sommo Creatore.. Atta Unsar ..

  4. Siamo fatti a sua immagine: transitori, mentre Egli è permanente; inclini al male, mentre Egli è Bene; limitati, mentre Egli è infinito. L’essere immagine si riduce alla libertà, ma questa in Dio ci risulta insondabile e incomprensibile, mentre la nostra ci appare ovunque condizionata. Siamo gettati nel mondo, e soggetti alle leggi della natura e ad una radicale contingenza, donde la morte e la sofferenza: ma se non lo fossimo, saremmo Dei.

  5. Ne saremmo il negativo (proiettato in senso divergente) dunque? Eppure se guardo bene dentro al nostro male, ci vedo quasi sempre soltanto una sfortunata, disarmonica scoordinazione di cieche pulsioni che hanno sicuramente avuto un’antica utilità, per conservarsi nelle generazioni. E questa “natura” piuttosto, che getta continuamente i dadi per azzeccare combinazioni favorevoli, infischiandosene di quelle sfavorevoli (per le quali la vita diventa una sofferenza irredimibile) questa natura in presenza di un Dio onnipotente, cosciente e progettante diventerebbe.. malvagia, mentre in presenza di un Dio “inconsciente” (o “diversamente cosciente”) invece (e quindi per noi “inutile”) diventa semplicemente austera (maestosa lo è già), riducendoci ad un quasi nulla commovente ma transitorio. Questo mi sembra dimostrato dall’arzigogolamento inverosimile delle principali religioni, che quasi sempre prevedono una compensazione fantastica nell’aldilà ai torti innegabili che le creature subiscono di quà. Scusami se insisto perché il tema mi sembra cruciale, lo faccio con umiltà. Ciao

  6. Hai perfettamente ragione a dire che si tratta di un tema cruciale. In fondo, è il tema di Giobbe. Il fatto è, come risulta anche dall’ultimo post di Barone, che i cristiani hanno da tempo rinunciato alla teodicea, e anche alla riflessione sul rapporto tra Dio e natura. La teologia del Novecento ha compiuto quella che viene chiamata la “svolta antropologica”. Eric Gans dice giustamente (dal suo punto di vista) che la religione è buona antropologia e cattiva cosmologia. Anche il pensiero girardiano sta tutto dentro la pura antropologia. Una teologia cosmologica è oggi la cosa più ardua.

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