Qualche giorno fa un tribunale veneto, dopo un processo con rito abbreviato per un delitto di omicidio, ha emesso la sentenza. Il crimine giudicato è orrendo: Michele Fusaro rapisce Iole Tassitani, la tiene prigioniera per alcuni giorni, e infine la uccide. Dopo averla uccisa fa a pezzi il cadavere. Viene scoperto e arrestato grazie alla testimonianza di un giovane immigrato. Nessuna infermità mentale.
La sentenza del tribunale: 30 anni. La famiglia della vittima e l’opinione pubblica sono indignate: si sa come vanno le cose da noi, dopo qualche anno il condannato comincia a godere di permessi, e infine i 30 anni si accorciano, e di molto.
Qui si scorge qualcosa di molto importante. Anzitutto, si è creata una frattura incolmabile tra il comune sentire e l’amministrazione della giustizia. Un baratro. La giustizia non viene più avvertita come giustizia, ma come atto amministrativo puro e semplice, totalmente deprivato della sacralità originaria, nonostante le toghe, le formule, le parate politico-giudiziarie. La risposta del tribunale a questo delitto ci mostra una eclissi totale della sacralità in un profondo senso antropologico-politico, con tutte le conseguenze che questa eclissi comporta. Osserviamo la natura di questo delitto: il fare a pezzi un corpo umano, dopo averlo violentemente privato della vita, è un atto che si colloca ben al di là di un omicidio puro e semplice, perché costituisce una profanazione. Il corpo ucciso subisce la privazione della vita, ma non viene propriamente violato, non viene disumanizzato. Un corpo fatto a pezzi è un corpo gettato nell’infraumano. E questo viene avvertito dalla coscienza umana comune come una violazione intollerabile, un atto non-umano, una operazione che appartiene ad un mostro. Uccidendoti compio un delitto, violo una legge e un comandamento, ma non nego la tua umanità. Facendoti a pezzi ti riduco alla dimensione di cosa, ti proietto dal sacro al profano.
Anche i laici dicono che la vita umana è sacra. Ma come può essere sacra la vita se il sacro non esiste? Solo all’interno di una dimensione del sacro può essere sacra una vita, e di conseguenza inviolabile. Ma se viene meno il principio di reciprocità, da cui ogni relazione umana trae origine e significato, l’atto di violazione del sacro della vita assume un significato differente. Ciò che è incommensurabile diviene soggetto a misura, il mostruoso viene velato e obliato, e assume la prospettiva della rieducabilità. Il non-più-umano che ha compiuto l’abominevole sparagmos di una persona umana innocente può barattare un trattamento giudiziario conveniente, ottenere il rito abbreviato, pensare che tra 15 anni sarà libero. In verità, l’indecente illuminismo da strapazzo che determina il corso di legislazione e giustizia in Italia ha in sé la convinzione profonda che tutto alla fin fine sia negoziabile, perché relativo. Ma la relativizzazione evidente che il tribunale opera del crimine di Fusaro, il cui atto absolutus riceve una retribuzione così lontana dalla reciprocità originaria da apparire insignificante, si inquadra in un contesto culturale del tutto coerente e del tutto sospeso sull’abisso della dissoluzione.
La lettura di queste tue righe, richiama alla mia memoria di M. Detienne, I Maestri della verità nella Grecia arcaica, riedito nel 2008 per Laterza .
Si evince che l’equilibrio potrebbe essere riacquisito solo prendendo la direzione di marcia dei gamberi per raggiungere quei tempi in cui Muse, Memoria e Giustizia rendevano intelligibile e accessibile la Verità.
Ciò che accade e descrivi è perfettamente coerente con il sistema cultural/social/comporta-mentale vigente. Non c’è da stupirsi. Il sistema legislativo e giudiziario mica giunge dalla luna.
Prospettive?
I giovani: perché, concordi?, è tramite i giovani che si può sperare in un cambiamento.
Ma quale scuola educa giovani al sacro?
E quale cambiamento in direzione dell’accoglienza del sacro può essere dato se, degli adulti, i più si vantano di offrire un insegnamento all’insegna del neutro e stroncano qualsiasi forma di chiaroveggenza interessata?
Ciò avrà ulteriori conseguenze materialmente catastrofiche.
Nell’angustia del mio idealismo pratico, io, di mio, confido nello Spirito che soffia e ribalta oltre le rabberciate umane azioni, intenzioni e aspettative.
Un saluto
RT
Penso che la scuola sia il riflesso (talora attardato) della società. Dalla scuola italiana non ci si può attendere un gran che, purtroppo. Gli ultimi insegnanti-insegnanti stanno scomparendo, come le tribù indiane dall’America di fine Ottocento.