Penso che nessun governo italiano possa fare progetti di lungo periodo senza mettere in conto l’eventualità di grandiosi disastri naturali, che richiederanno enormi capitali per le necessarie ricostruzioni. Cerco di ricordare, così alla buona, le catastrofi più o meno naturali che hanno devastato il Paese durante la mia vita (dal 1950). Mi vengono in mente alluvioni e terremoti. Ne cito alcuni.
Alluvioni: Polesine (1951); Longarone (1963); Firenze, Venezia, ecc. (1966); Val di Fiemme (1985); Piemonte (1994).
Terremoti: Belice (1968); Tuscania (1971); Marche (1972); Friuli (1976); Valnerina (1979); Irpinia (1980); Umbria (1997).
Il nostro è un Paese fragile fisicamente e non solo fisicamente. Abbiamo anche vulcani attivi, e sappiamo perfettamente che prima o poi il Vesuvio si produrrà in una delle sue eruzioni esplosive. Tuttavia le sue pendici sono piene di case e casette, che i poteri locali hanno pur consentito di edificare. Una delle cose che mi sorprendono è il fatto che le case costruite dove non si dovrebbe, e anche quelle chiaramente abusive, godono di allacciamenti alla rete elettrica, di tv ecc. Segno di uno Stato debole, di una popolazione che non ama la legalità, di una generale vocazione alla catastrofe.