Tre strade per la scuola (Sp. R. – Drei Schulwege, 1991, trad. it. di A. Iadicicco, Guanda 2007) è un breve romanzo autobiografico di Ernst Jünger, scritto in tarda età, che ha nel titolo l’abbreviazione Sp. R. di Späte Rache, Vendetta tardiva. In questo momento di romanzi scritti per vendetta in modo espilicito mi viene in mente soltanto il manoscritto di Zeno all’interno della Coscienza di Svevo, il nostro supremo maestro di risentimento di cui mi sono occupato nel mio piccolo Anti-pathos. Tuttavia, la scrittura è sempre collegata al risentimento, con la differenza che nella grande letteratura esso è trasceso, mentre nella letteratura bassa è alimentato. In ogni caso, la letteratura ha sempre a che fare con la circolazione del risentimento, perché esso è costitutivo dell’umano in quanto tale.
A dire il vero, nel testo di Jünger non si respira né risentimento, né vendetta, né tantomeno denuncia della scuola in quanto istituzione incapace di alimentare lo spirito. Certo, quest’ultimo aspetto in qualche modo c’è, ma soprattutto è legato alla contingenza che vuole il piccolo sensibile Wolfram (alter ego dell’autore) sottoposto all’insegnamento di figure umanamente degradate e, esse sì, risentite. Uno dei drammi della civiltà occidentale, messo in luce da tempo vanamente, sta nella sua pedagogia ridotta a semplice mestiere (mal retribuito), che ha determinato il susseguirsi di generazioni di docenti insoddisfatti, risentiti e frustrati, cui è stata affidata l’educazione dei giovani. Questa condizione dis-pedagogica forse inevitabilmente legata alla civiltà industriale (ma prima semplicemente la scuola di tutti e per tutti non c’era, e la gente era quasi tutta analfabeta, sì che ogni paragone non licet) sta ora giungendo al suo compimento. Ma già nei primi anni del Novecento si poteva cogliere la sua essenza. Certo, allora l’io giovanile era ancora, soprattutto in Germania, un io romantico. La circolazione del risentimento non era ancora incanalata nel flusso desiderio-oggetto industriale tipico della società del consumo. Essa tendeva a produrre soggetti che si autocomprendevano come malati, o anomali, nell’isolamento del loro io eccezionale. Senza accorgersi, ovviamente, che questa loro singolarità non era che la mediazione imitativa di altre precedenti singolarità-modello, a loro volta mediate socialmente. Questo è il dramma del pensiero romantico e post-romantico anche nella versione anarchica di Jünger.
Detto questo, occorre rilevare che anche in questo breve testo si coglie la mano del maestro. In settantaquattro brevi pagine si dispiega una serie di personaggi scolpiti con mano ferma. La scrittura di Jünger è una grande scrittura sempre. E uno pensa a quanta robaccia viene stampata, letta, discussa…
L’ha ribloggato su Brotture.
buona serata , io scuola ne ho fatta poca , ma in me è rimasta un bel ricordo
un saluto cordiale paolo