Fortezza

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È una delle quattro virtù cardinali, cui oggi in Italia ha ciascun disteso l’arco: fortitudo. Coraggio, fermezza, costanza, resistenza al male sono quattro lati di questa virtù. Ma già la parola stessa virtù è stata logorata, irrisa, obliata. Da tempo nella società essa non riceve ascolto, nella nostra società degli ascolti quantitativi, degli auditel che degradano la qualità delle trasmissioni televisive, già mediamente bassa agli inizi, negli anni cinquanta (ricordo bene, allora ero un bambino non conformista), nella nostra società in cui corrono slogan e frasi fritte come quelle che invitano all’ascolto di questi e di quelli (dei giovani soprattutto): sentimentalismo egoista e narcisistico, in realtà. Essere forti è quasi impossibile, ora. Per esserlo occorrerebbe disporre di uno spazio d’autonomia individuale reale, che la società massificata (che sia di mercato o no non conta) non può consentire. La fortezza è una caratteristica dell’uomo realizzato. Gli uomini realizzati in giro sono pochissimi, e il sistema non li ama affatto, e non può proporli come modelli. Del resto, la cultura attuale ritiene la realizzazione dell’umano impossibile. Il modello vigente è unico, fornito dai media, ed è il Narciso, al maschile come al femminile. L’uomo amministrato, invero, non può né deve essere forte; deve, al contrario, essere pieghevole, ricettivo, disponibile a farsi dirigere. Non vedo alcuna differenza sostanziale tra il ragazzo che frequenta i centri sociali, quello che vive negli ambienti della sinistra giovanile, quello che respira l’aria del gruppo di destra radicale, quello che si fa i fatti suoi e trascorre ogni sabato in discoteca, quello che fa il piccolo berlusconi forzaitaliota: sono tutti alla ricerca di un alveo sicuro, un luogo in cui stare con altri simili a sé. E tutti covano in sé un risentimento contro gli altri, variano solo i modi della sua espressione. Non a caso non ho citato qui i frequentatori di oratorii: sono pur sempre migliori, almeno un velo di trascendenza lo toccheranno (mah…). Negli ambienti frequentati dai giovani non vi è spinta alla crescita, all’abbandono dell’infanzia, tutt’altro. In quei luoghi si solletica l’infantilismo narcisista che, prima di essere una piaga dell’Italia, è una caratteristica dell’essere umano che non vuole diventare adulto in senso pieno, un essere umano dispiegato, completo. E la scuola, che dovrebbe far crescere, piena di educatori non educati, di formatori informi, di adulti-bambini, non è un luogo in cui si possa conoscere e gradualmente acquisire la fortezza, ma il regno del suo contrario: paura, incertezza, incostanza, impazienza.

L’origine della parola virtù, come si sa, è legata a vir, uomo maschio-eroe in latino. Si tratta quindi di una parola e di un concetto legati ad un mondo che si vuole abbandonare. Un mondo visto come fallocratico-fascista.

Ma è chiaro che una struttura sociale come la nostra euro-occidentale e italiana, che fonda la sua visione del mondo sul vittimismo, e che lo estende dall’umano, all’animale, al vegetale, al mondo intero, non può che vedere nel maschio adulto eterosessuale un pericolo potenziale. Sarà una società tendenzialmente non-virile. Una società gay-friendly che fra poco colpirà con misure giudiziarie l’omofobia. La virilità, ridotta a prestazionismo, è relegata nell’ambito dello sport-spettacolo. Ma sarà anche una società terrorizzata dalla violenza, portata a vederne l’origine attuale in qualche gruppo marginale e a colpirlo violentemente come capro espiatorio.

Un pensiero su “Fortezza

  1. è una delle virtù che più ammiro nelle persone,
    (sono così poche quelle dotate)
    le salde basi trasmettono salde ‘fortificazioni’,
    (chi non le ha avute apprezza).

    ciao!:-)

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