Sulla questione dei lavavetri ricevo da Eros Barone questa lettera, che mi sembra degna di attenzione.
Il delirio del perbenismo cattivista
Caro Brotto,
è con un qualche ritegno che mi accingo, dopo essermi munito di opportuni dispositivi impermeabilizzanti, ad avventurarmi, poiché di questo ormai si tratta, nel pantano fangoso, putrido e graveolente della diatriba sui lavavetri, tanto è forte l’impressione, che sconfina ormai nella certezza, del trionfo di quel miscuglio di stupidità reazionaria, arroganza da ‘società di piccoli proprietari nevrotici’ e volgare ‘forma mentis’ fascistoide, che un tempo trovava il suo spurgo in una rivista come “Il Borghese” e oggi, oltre che su un quotidiano come “Libero”, su buona parte della stampa (dal “Corriere” alla “Repubblica”), nonché in un crescendo sempre più minaccioso di esternazioni del ministro dell’Interno: esternazioni che hanno ben poco da invidiare, sia per il contenuto che per la forma, a quelle del tuo ex sindaco e attuale assessore Gentilini.
Mostrare la propria forza con i deboli sembra essere, infatti, il ‘Leitmotiv’ che ispira le politiche sociali del Bel Paese. I grandi speculatori la fanno franca; gli scalatori abusivi diventano personaggi pubblici di tutto rispetto nelle cronache mondane; gli imprenditori con le mani insanguinate ‘dimostrano’ che i morti nei loro cantieri insicuri erano stati appena assunti e hanno perso la vita per loro colpa; le mafie, le camorre, le ’ndranghete e le ‘sacre corone unite’ eleggono i loro rappresentanti nei palazzi del potere e possono legiferare in piena connivenza e collusione, mentre si esercita il massimo rigore verso quei pericolosi eversori della quiete pubblica e dell’ordine sociale, denominati “lavavetri”, con il sequestro delle attrezzature, cioè di una spugna e di un secchio, con le multe e, se si accerta che sono clandestini, con l’immediata espulsione. Per fortuna, uno fra i più illuminati esponenti della ‘sinistra radicale’, il ‘rifondatore’ Alfonso Gianni, propone, in nome della professionalità e della sana concorrenza, di istituire un ‘albo dei lavavetri’ (chissà se la Confindustria sarà contenta di questa caricatura del ‘liberismo regolato’?).
Già, ma se il signor Tizio, invece di macchinare truffe con le discariche, le fatture gonfiate e le appropriazioni indebite, avesse fatto il lavavetri, oggi sarebbe in galera, grazie alla… “tolleranza zero”.
Così, nel Bel Paese il costruttore abusivo che realizza un ‘ecomostro’ in contrasto con tutte le norme viene tollerato, viene perfino “sanato” con un provvedimento ‘ad personam’, mentre per il lavavetri c’è solo il rigore (che a noi, forse perché ancora in grado di conservare il senso delle proporzioni, sembra un delirio) del perbenismo cattivista (vera sostanza del buonismo berlusconiano e veltroniano), che non vuole vedere la miseria che avanza e, perciò, la disprezza e la punisce, reprimendo con il ricorso alla forza pubblica l’insistenza che qualche disperato manifesta nel chiedere l’obolo per sopravvivere.
No, caro Brotto, io e Lei non ci metteremo mai a ululare assieme a questo branco di jene, travestite per l’occasione da lupi.
Eros Barone
Mornago, 5 settembre 2007.
Questo signore forse ignora che quella che crede miseria spontaneamente esibita è in realtà strumento della malavita organizzata. Lavavetri, vu cumprà, prostitute, non stanno dove stanno senza qualcuno che gli assegna una zona e a cui pagano un pizzo. Inoltre l’illegalità non trova assoluzione per il fatto che vengano tollerate illegalità maggiori. La mancanza di fiducia nelle istituzioni nasce dall’impunità: perchè il barbiere all’angolo deve lasciarsi massacrare di tasse quando vengono tollerate davanti a lui attività lucrose (altrimenti non sussisterebbero) e totalmente illegali?
La proliferazione dell’accattonaggio nelle sue varie forme si è verificata in Spagna nei primi anni del governo Gonzalez (che durò sedici anni). Il fenomeno esplose, arrivò a disturbare tutta l’opinione pubblica e il governo (di sinistra) vi mise fine. In Austria, Germania e Svizzera esistono da sempre gli Strassenkunstler, non tollerati ma regolati, e la polizia interviene con efficacia tedesca appena qualcuno esce dal seminato. Perché noi dovremmo concedere il diritto all’anarchia? Perché siamo “buoni”? Perché non lo siamo ma vorremmo sentircelo dire? O per qualche altro motivo?
In un certo senso, gli Italiani hanno il “complesso della bontà”. Sarà forse anche perché non vogliono ricordare che due delle parole più usate nel mondo, “mafia” e “fascismo” sono nate da loro.
Nella città in cui vivo esistono luoghi in cui esercitano l’apparente, innocua attività di lavavetri, di venditori di fazzolettini, di accattoni, di storpi questuanti, sempre gli stessi personaggi. Li conosco da quando ero studente e ora sono in pensione. Anche loro hanno i capelli bianchi, ma mi sorprende il fatto che i bambini, quelli tenuti teneramente in braccio da madri lamentose, sono sempre piccoli, non crescono mai.
Isabella Guarini
Siamo entrambi pensionati, dunque, Isabella.
Sono forse Zingari quelli di cui tu parli, o come oggi si usa dire Rom stanziali? La loro integrazione è molto difficile. Direi addiritturta che il problema si è aggravato negli ultimi anni per la parte di questa popolazione che ancora vive in forma nomade o seminomade. Problema complesso.
Fabio, ancora non ho ben realizzato che sono in pensione e mi sembra strano che, a quest’ora, io stia al computer, invece di stare in aula o sul pullman. Complimenti per il tuo blog, la presentazione dei libri è una “bellezza”. Condivido pienamente il tuo pensiero sulla riforma di Berlinguer che una volta uscito dalla finestra tenta di rientrare attraverso il portale demagogico-punitvo dei docenti.