La strada interrotta

fermorstLa strada interrotta (The Broken Road. From the Iron Gates to Mount Athos, 2013, trad. it. di J. M. Colucci, Adelphi 2015). Il terzo libro del viaggio di Fermor si interrompe a metà di una frase. L’autore ormai vecchio e vicino alla morte non riesce a concludere la sua meravigliosa rievocazione di eventi e persone lontani nel tempo. L’immane lavoro dei curatori produce infine un testo che è lontano dallo splendore dei primi due, Tempo di regali e Fra i boschi e l’acqua, ma che riesce ancora a comunicare qualcosa di molto fermoriano.

Non che sia importante, ma è strano come la memoria possa essere tanto evasiva riguardo ai volti e alle scene di questo memorabile incontro e appaia invece così cristallina riguardo a dettagli irrilevanti: per esempio, l’ombra verde della vite all’esterno e, sulle lastre del selciato, il gioco casuale di stelle e diamanti creato dalla luce; e il fatto che poco dopo ci fossimo seduti sotto un enorme platano a parlare delle Fleurs du mal. Solo occasionalmente ci si rende conto della cruciale importanza di un processo appena iniziato: che, cioè, quei particolari dipinti, poemi, generi musicali, libri o idee stanno per cambiare ogni cosa, o magari ci si sta per innamorare o si sta stringendo l’amicizia della vita; sono questi i molti, lunghi fili che, intrecciati assieme, compongono un’esistenza. Ci si aspetterebbe di sentire lo sparo attutito di un segnale di partenza. L’intero viaggio fu punteggiato di questi impercettibili scoppi: aurore velate ed epifanie in abiti borghesi. (p. 57)

Fra i boschi e l’acqua

Fra i boschi e l'acqua

Between the Woods and the Water (trad. it. di A. Bottini e J. M. Colucci, Adelphi 2013) uscì nel 1986. Ma i fatti che narra, accaduti durante il lungo viaggio a piedi di Patrick Leigh Fermor diciannovenne verso Costantinopoli attraverso l’Europa danubiana, avvennero nel 1934. Il lettore rimane affascinato da quel mondo di proprietari terrieri, contadini e zingari, un mondo sul quale si stanno addensando le ombre funeste di ciò che sarebbe avvenuto dieci anni dopo. Un mondo destinato all’annientamento. Le memoria e un diario di viaggio aiutano lo scrittore a rievocare mesi splendenti,  l’incanto di una giovinezza avventurosa e aperta al contatto con l’umanità diversa e all’amicizia. Fermor è un coraggioso–come dimostrerà da paracadutista a Creta nel 1941, con un’impresa leggendaria contro i tedeschi–: non è certo da tutti dormire tranquillamente da soli sotto le stelle sui monti della Transilvania, tra gli orsi e i lupi, in una foresta sconosciuta. Nel corso del viaggio, il giovane trova spesso tetti ospitali, conversazioni interessanti, ragazze gentili e nobili signore. E vive una intensissima e brevissima storia d’amore. Nessun romanticismo, però: la sobrietà di Fermor accresce l’incanto, e trasferisce nel lettore un senso acuto di nostalgia. Solo ai grandi è concesso questo potere.