Mesilased è il titolo in lingua estone del romanzo di Meelis Friedenthal Le api (2012, trad. it. di D. Monticelli, Iperborea 2015). La storia è ambientata alla fine del Seicento nella città di Tartu, allora sotto la corona svedese, e nella sua università, che il giovane Laurentius Hylas, il protagonista, vuol frequentare. L’inizio lo vede in viaggio col suo bagaglio, e con un pappagallo in una gabbia. A questo animale Laurentius appare legatissimo, perché con la sua vitalità rappresenta il più forte antidoto all’ umor nero che lo pervade e ne fa un malato. Questo fatto, e il fatto che l’uccello sia una femmina e si chiami Clodia, e che una misteriosa ragazza che il giovane incontrerà ugualmente si chiami Clodia, fa comprendere come qui non ci troviamo in un clima del tutto storico-realistico, benché vi sia da parte dell’autore un profondo studio degli elementi culturali del tempo, degli usi, della medicina e della teologia, e vi si avverta sempre il senso della pesantezza, fragilità e problematicità dei corpi, nel loro sfuggente rapporto con ciò che si suole chiamare anima. Lo spazio di tempo della narrazione è di una sola settimana, durante la quale Hylas, il cui passato non è privo di mistero e di angoscia, è affetto da una febbre che potrebbe compromettere la sua lucidità, a causa anche di un salasso a cui si sottopone e dello scarsissimo cibo che assume. Bisogna anche rilevare come questo romanzo sia una riuscita mistura alchemica tra vari elementi di per sé discordanti, se non ripugnanti: come una sensibilità contemporanea e un quadro culturale della modernità incipiente (Cartesio, ecc.), la caccia alle streghe e un cristianesimo maturo, il mondo onirico e la realtà cruda dei corpi e delle malattie, i contadini che muoiono di fame, guerra e peste che incombono. Alla fine, non ho potuto evitare che fosse evocato in me il clima dell’espressionismo tedesco, e la pioggia che senza sosta cade per tutta la durata del racconto è la sigla di un destino che incombe, emblema della pesantezza, come quella che schiaccia i dannati nel VI Canto dell’Inferno. La vitalità colorata del pappagallo Clodia e la femminilità salvifica della fanciulla Clodia (ma sono entità differenti?) costituiscono il contrappunto-antitesi alla pioggia dantesca. Un romanzo che vale la pena di leggere.
