Congiuntivo

“Io trovo che è un commento non appropriato” [grassetto mio] dice Giulio Tremonti al Meeting di Rimini. Mi colpisce. Ma perché mai l’insigne ministro non dice “trovo che sia“, come dovrebbe? Certo non perché non conosca l’italiano, il motivo deve essere un altro. Il motivo sta nella caduta generale verso l’indifferenziato. Ha ragione Gianni Letta quando pronuncia il celebre detto “tutto precipita”. Così è, e ciò che precipita per primo è il linguaggio, il marcatore della differenziazione. Basta ascoltare attentamente i giornalisti televisivi e gli uomini politici per trovarsi davanti all’evidenza di una profonda mutazione della lingua italiana, cui avevo dedicato una nota nel 2008 (https://brotture.net/?s=pronomi). Il congiuntivo è un modo della complessità, della soggettività che dubita, del rispetto dell’alterità. Un modo che accoglie la natura incerta, ipotetica, probabilistica del reale. Un modo della sottigliezza e dell’indagine. Un modo intimamente dialogico. Questo modo non si addice alla società italiana contemporanea, ed infatti sta scomparendo. Anche la lingua apodittica di Tremonti lo usa sempre più raramente. La comunicazione pubblica e politica si va anzi spostando dal piano puramente linguistico ad uno in cui più che i concetti e le parole contano i toni e i movimenti del corpo. Le parolacce e i gesti volgari di Calderoli & C rappresentano un passaggio decisivo in questa discesa verso l’Averno dell’indifferenziazione.