Vi è una scena altamente drammatica e narrativamente splendida nel romanzo dell’iraniano Mohsen Makhmalbaf Il giardino di cristallo (Le jardin de cristal, 1982, trad. it. di A. Cristofori, Bompiani, Milano 2003): quando un gruppo familiare penetra di notte in un cimitero, con la complicità di un becchino, per esumare il cadavere di quello che sperano possa non essere il giovane Akbar, dato per caduto martire nella guerra Iran-Iraq un anno prima. La famiglia spera in uno scambio di persona fortuito, e di poter verificare che il morto sia un altro, e poter pensare che il congiunto si trovi prigioniero in Iraq. Il cadavere è nella terra da un anno, e loro pensano di identificarlo misurandolo. La scena è toccante e atroce. Spera e teme nello stesso tempo, la famiglia, perché il padre di Akbar ha nel frattempo convinto l’altro suo figlio Ahmad a sposarne la vedova. Così Ahmad…
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