Al di là delle forze umane. Prima Parte (Over ævne. Første stykke, 1883, trad. di G. D’Amico, Iperborea 2010) è un dramma di Bjørnstjerne Bjørnson, autore che in Italia nessuno ricorda, ma che nel 1903 vinse il Nobel. Nella sua postfazione, D’Amico cerca di rivalutare quest’opera, mettendo in luce quella che sarebbe la sua fondamentale ambiguità (come titolo di merito). Un’ ambiguità tra fede e scienza: la storia è quella di un pastore protestante animato da una fede assoluta, che in un remoto angolo della Norvegia opera una serie di presunti miracoli, entusiasmando la comunità dei credenti e sollevando un dibattito acceso all’interno della sua Chiesa. In realtà, tutti i suoi miracoli potrebbero ricevere una lettura razionale e scientifica, e di qui l’ambiguità.
Bjørnson, in effetti, è uno che in gioventù fu fervente cristiano per poi aderire ad una visione positivistica della realtà, secondo lo spirito del tempo. Ma a me il dramma sembra, tutto sommato, abbastanza rozzo. Un conflitto tra Cristianesimo miracolistico e scienza non presenta infatti alcuna problematicità. Si tratta invero di un conflitto tra una fede infantile e una visione adulta ma non sufficientemente critica della realtà. Bjørnson riduce il Cristianesimo a fede nel miracolo, e nonostante alcune venature kierkegaardiane, non riesce a scendere in profondità, e nemmeno a sviluppare una critica al Cristianesimo borghese e filisteo dei Paesi nordici. Insomma, un’opera che non dice nulla, né al credente né al non credente dei nostri giorni.
Non sarebbe la prima volta, nè l’ultima, in cui un Nobel è dato per valori estrinseci alla letteratura. tuttavia mi segno il nome e vedrò di trovare qualcosa da leggere di questo autore. Grazie per questo post!
Temo che siano passati almeno 50 anni dall’ultima volta che in Italia è stato pubblicato qualcosa di Bjørnson…