Rileggo Simone Weil 60

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La grande sventura della religione cattolica è stata la condanna di Galileo. Non a motivo della sua ingiustizia, ma al contrario perché pur essendo, in certo senso, fondamentalmente del tutto giusta, è stata talmente ingiusta nella forma che la giustizia ne è stata irrimediabilmente offuscata.
Avendo come suo principio il movimento retto illimitato, e non più il movimento circolare, la scienza non poteva più essere un ponte verso Dio.
Restituire alla scienza la sua finalità di ponte verso Dio. (III, 137)

 Le questioni principali posti dalla condanna di Galileo sono due: quella della natura ipotetica e sperimentale della scienza moderna (circa l’aspetto ipotetico anche il Bellarmino aveva le sue ragioni e Galileo le sue debolezze), e quella dell’esercizio del potere da parte della Chiesa, ovvero del fatto che la sua autorità si è declinata nella realtà anche, e talvolta prevalentemente, come potere. Non la condanna di Galileo di per sé è stata la sventura della Chiesa cattolica, ma il fatto stesso che la Chiesa lo potesse sottoporre a processo e giudicare. Ma questo è dipeso dalla sua romanità, dal fatto che ha mutuato alcuni caratteri dell’impero romano, dal suo essersi costituita come struttura di amministrazione dl sacro, con tutte le necessarie conseguenze. E io non intendo certo sostenere che queste conseguenze non siano state storicamente necessarie. La necessità storica può benissimo essere, almeno per alcuni versi, una sventura.

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