
Riforma Berlinguer, Riforma Moratti, Riforma Gelmini. Ho il sospetto che la parola riforma sia usata a sproposito. In ogni caso, il loro susseguirsi e abbattersi periodico sulla scuola italiana ha un che di nevrotico-coatto. Dirò con sarcasmo, perché l’insulto pubblico all’intelligenza è diventato una vera persecuzione. Chi vuole intendere intenderà, del resto da insegnante ho predicato per trent’anni alle canne del deserto (e non mi riferisco agli studenti). Un tempo pensavo che solo la Destra Berlusconiana avrebbe potuto riportare nella scuola italiana quel poco di rigore senza il quale, secondo un conservatore quale io mi professo, quasi nulla può essere ottenuto sul piano della conoscenza e della formazione umana. Ho esultato quando D’Onofrio, durante il primo Governo Berlusconi, tolse di mezzo con gesto sovrano gli esami di riparazione, che durante l’estate impedivano ai ragazzi di studiare e di colmare le lacune, costituendo solo un espediente per rimpinguare i già stracolmi portafogli degli insegnanti dediti all’obbrobriosa speculazione delle lezioni private. Quando Berlusconi recentemente intronizzò la Gelmini, fui colto da un vero e proprio entusiasmo. Dal suo aspetto occhialuto di intellettuale studiosa dei processi educativi traspariva determinazione a continuare nell’impresa di rifare della scuola italiana un luogo di studio, di apprendimento e di selezione della classe dirigente.
Conosce a fondo i meccanismi della scuola, la Gelmini, poiché vi è stata studente. Quindi, ben sapendo come il voto in condotta ben assegnato possa colpire i bulli e riportare il mondo scolastico alla serietà e alla disciplina, ha preso una decisione audace e geniale: il voto in condotta farà media, e i bulli se la prenderanno a bottega, trombati senza pietà. Le loro vittime vedranno in atto la giustizia retributiva, la moralità scolastica riconquistata sarà infine un pilastro della più generale moralità del Paese.
Ed ecco serviti lor Signori. Tutti sanno che, di contro a pochissimi casi in cui l’insufficienza in condotta potrà determinare la bocciatura, ve ne saranno infiniti in cui quella inusitata media sarà la salvezza dell’asino. Ora un giovane liceale poco studioso ma dal buon carattere, uno svogliato che rinuncia nella sostanza a studiare due o tre o anche quattro discipline ogni anno, vivacchiando alla giornata, e che giustamente, poiché è educato e gentile, avrà 9 in condotta, godrà di un vero italico “aiutino”. I promossi saranno veramente molti, da quel che si vede in questi giorni nelle scuole, grazie a questo coerente e ben congegnato rigore gelminiano. Ancora una volta sulla sostanza trionfa la forma, la mera apparenza. E il Governo dirà che ha raddrizzato la scuola. Non vorrei essere in questi giorni nei panni di un Dirigente di scuola media, alle prese con l’orario delle cattedre di italiano, cui la Gelmini ha tolto un’ora senza sapere che cosa può conseguire al toglimento di un’ora in una situazione in cui tutte le cattedre si incastrano l’una nell’altra in un gioco complesso che deve tener conto di molti fattori. Ma la Gelmini non bada alle quisquilie. Dopo Gentile la sua è la Riforma più grande. Mi sa che siamo tutti rimbecilliti, tranne Lei e il suo Capo. Rimane eternamente valido, però, massime nella scuola, l’italiota “armiamoci e partite”.
Rigore? Conservatorismo? Destra con pugno d’ acciaio?
Il solo modo d’ apprendere realmente e trasmettere conoscenza -e c’ è forse bisogno di ricordarlo ad un filosofo?-, è la maieutica.
Ci vorrebbero, però, gli educatori per innata vocazione.
Che non ci sono.
Certo. D’altra parte non si può pensare che centinaia di migliaia di insegnanti-impiegati siano capaci di maieutica. La filosofia socratica si pratica in ristrettissimi circoli di eletti. Quella di cui si parla qui è scuola di massa. E l’apprendimento è di diversa natura, non c’è solo quello filosofico.
D’ accordo, sì. Sarebbe comunque infinitamente più saggio ed utile al bene comune non dover , in generale, perseverare nella distinzione tra scuola di massa e circoli eletti. Mi rendo perfettamente conto che una simile affermazione può suonare, come dire, di stampo “bolscevico”, ma non è questo lo spirito con cui la esprimo, né, men che meno, mi appartiene una simile reminescenza ideologica.
Credo piuttosto che di pseudo-innovazione in pseudo-innovazione la scuola italiana stia toccando i minimi storici assoluti, sia a livello oggettivo (i programmi di studio, la formazione delle sue maestranze, gli aspetti logistici, i finanziamenti ad essa dedicati), sia a quello della credibilità ed immagine internazionali. Non si possono risolvere i problemi con provvedimenti-tampone o propagandistici che si susseguono a ritmo nevrotico-ossessivo: è chiaro che non esiste alcuna vera volontà di sanarne i mali .
Non esiste alcuna volontà di sanarne i mali, anche perché c’è chi li vede in questo, chi li vede in quello. A seconda della propria condizione e formazione, il bene e il male sono posti in realtà differenti. Si può facilmente sperimentare in ciascuna scuola come quello che per il Dirigente e i suoi accoliti è il bene, per molti (o pochi) docenti è il male… Per Tremonti, probabilmente, il male della scuola è nel fatto che non costa zero.
Reduce dagli scrutini, posso confermare. Il voto di condotta, esaltato nella prospettiva che appariva troppo giustamente disciplinare, con la circolare ministeriale giunta dopo il primo quadrimestre si è rivelato per quel che era davvero: un modo per alzare la media. Anche se il tipo di studente descritto da Fabio negli scrutini cui ho partecipato prende un sette, massimo un otto.