Sul neoeletto presidente americano mi vengono in mente solo tre semplicissime e banalissime osservazioni.
Il suono del nome è quello di un principe saudita, non quello di un presidente USA. Questo significa molto, secondo me. Anzitutto entro l’orizzonte della rappresentazione in cui i nomi acquistano un potere ed una consistenza che eccede di gran lunga il loro valore semantico e la loro funzione comunicativa. Obama il presidente, Osama il suo peggior nemico. Una b al posto della s.
Tutti da noi lo chiamano nero e afroamericano. Ma egli avrebbe pari diritto ad essere considerato bianco, visto che sua madre è bianca. Questo significa che nell’orizzonte della rappresentazione socio-politica, dominata in Occidente da categorie progressiste e vittimarie, il nero prevale sul bianco, e il frutto di un matrimonio inter-razziale viene ascritto al gruppo razziale considerato vittima secolare in attesa di un risarcimento.
Personalmente, avrei preferito McCain come presidente degli USA, ma solo perché mi dava l’idea di essere più saggio e meno ambizioso di Obama. Apprezzo peraltro l’eroico sforzo del PD italiano che cerca di far coincidere concettualmente Sinistra italiana e Democratici statunitensi. In realtà, il chiasso mediatico sul presidente nero è fumo ideologico: abbiamo avuto negli anni passati due segretari di stato di colore (non al 50 per cento come Obama), ed erano di Destra (uno addirittura una donna nera, caspita!). Mi immagino come la Rice sarebbe stata santificata in questi anni se fosse stata una democratica: ma è stata il braccio destro di Bush, quindi non poteva simboleggiare alcun riscatto dei neri. La Sinistra non la pensava come nera, per essa era bianca e persecutrice. Invece Powell e Rice segretari di stato significano che da tempo la questione razziale è concettualmente superata in America. Il segno di questo superamento è visibile nei film e telefilm americani, dove possono benissimo comparire neri nel ruolo di cattivi, e nessuno solleva accuse di razzismo. Da noi è impossibile, i neri nelle nostre fiction possono fare solo la parte dei buoni. Però noi pensiamo di dare lezioni di anti-razzismo agli USA. Se questa non è follia, le è vicina.