The Scenic Imagination 7

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Vi è tuttavia un nocciolo di verità al centro della fantasia patriarcale freudiana [Gans si riferisce a Totem e Tabù]. Anche se – lasciando da parte il problema posto dal fatto che la religione primitiva era ed è focalizzata principalmente sugli animali, qualche volta sulle donne, e quasi mai sugli uomini – noi accettiamo pienamente il modello di Girard, l’assassinio sostitutivo come lo descrive Girard non è sufficiente a generare l’umano perché non è un evento auto-cosciente e pertanto non costituisce una scena, e lo stesso vale per la mera ripetizione del meccanismo come meccanismo. Perché il linciaggio della vittima possa divenire una fonte di significato, esso non può rimanere un parossismo di violenza: esso deve diventare qualcosa di ritualizzato. Ma in quel momento esso è la ripetizione non più di un meccanismo ma di una rappresentazione.

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Per emergere, un nuovo ordine deve presentarsi come risultato di una rottura di un vecchio ordine. La dominanza del “padre” è un modo preumano di interdizione fondato non su un potere rappresentato ma sull’emozione animale della paura. Quando un rivale non ha più paura di sfidare l’animale padre/alfa, i due combattono per la supremazia, in qualche caso alleandosi con altri soggetti. In tempo di anarchia, o dove la ricchezza può essere conseguita con relativa impunità mediante attività stigmatizzate nella società più ampia, anche gli umani ritornano a gruppi o bande basati sull’ordine di beccata, che possono operare con efficacia considerevole, sebbene alla lunga non possano generare una società in grado di reggersi in modo indipendente.  

La preesistenza dell’interdizione centrale nella scena freudiana dell’assassinio è precisamente la sua forza come modello originario: tutto quello che si deve aggiungere alla configurazione precedente dell’autorità al fine di trasformarla da animale in umana è la sua rappresentazione entro una scena. Rappresentare il potere centrale del “padre” è l’atto rivoluzionario che supera l’abisso tra le gerarchie delle società animali basate sull’ordine di beccata uno-su-uno e il modello centro-periferia uno-contro-tutti che si trova solo tra gli umani. Porre il “padre” al centro della scena della rappresentazione significa rivelare l’universalità del suo potere che in precedenza era stato sperimentato solo separatamente da ciascun “figlio”, e conseguentemente esporre il “padre” al risentimento di tutti i “figli” insieme, costituiti come una comunità. Il parricidio è inerente alla struttura stessa della scena.

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Né Freud né Girard hanno voluto affrontare la natura radicale di evento che è propria della nascita della rappresentazione. Eppure è Girard colui che ha impresso la svolta cruciale costruendo la sua antropologia intorno alla scena collettiva originaria. Freud ha costruito la sua intorno alla scena privata del “dramma familiare”, per il quale la scena antropologica forniva solo una conferma a posteriori, e il disdegno generale dei suoi discepoli per le sue speculazioni antropologiche riflette il loro status marginale nella dottrina psicoanalitica. Delle molte differenze tra Freud e Girard, la più importante è senza dubbio quella che mentre Freud credeva nella scienza e nella “civiltà”, malgrado il suo “disagio”, Girard è un credente cristiano che scrive nell’era postmoderna all’ombra dell’Olocausto, che ai suoi occhi il Cristianesimo gli consente di interpretare e trascendere. Sia Freud che Girard vedono l’essenza dell’ordine sociale nel differimento della violenza che scaturisce dal desiderio, ma dove Freud vede questo differimento come qualcosa che funziona anche troppo bene ed è preoccupato dei suoi effetti nocivi (la “repressione”) sugli individui, Girard è consapevole che il pericolo di gran lunga maggiore sta nella violenza potenziale della collettività, il cui differimento non può essere mai dato per scontato. Di qui egli compie il passo cruciale di fare della sua ipotetica scena originaria non solo l’origine di un aspetto cruciale dell’umano ma il modello di tutti i fenomeni culturali.
(pp. 165 – 168)

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