Delle armi

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Non sono passati molti anni dalla guerra tra Iraq e Iran (circa 1 milione di morti). Ci ha interessato molto meno di quella libanese dell’anno scorso (mille morti?). Infatti per determinare l’importanza di una guerra il numero dei morti è irrilevante…

La cultura dominante oggi in Italia nutre un evidente orrore per le armi. Tende a nasconderle, a non farle apparire, anche quando ci sono. La cultura dominante oggi in Italia sembra una cultura di pace, che detesta ogni forma di violenza. Credo che in questo vi siano molte ambiguità, e in fondo una coscienza infelice e un’anima lacerata.
Altre culture hanno con le armi un rapporto immediato e diretto. In questi giorni d’agosto, in cui l’Italia ha in armi nel mondo (ma in missioni “di pace”) alcune migliaia di uomini, penso molto al nostro rapporto con le armi. In Italia sono quasi tabù. I tempi della Resistenza sono lontani.

Nel corso del Novecento si è infranta in quasi tutto il mondo la legge non scritta che vedeva le donne estranee al mondo maschile della guerra.

La foto che contemplo sul video del mio computer ritrae due giovani guerriere curde. (Popolo non meno infelice dei Palestinesi, i Curdi hanno sofferto del non poter essere usati in chiave antiamericana.) Nel PKK curdo le donne imbracciano i fucili.

Vi sono state e vi sono situazioni in cui l’uccisione di nemici appare non solo giustificata, ma doverosa e meritoria. Gli Europei di oggi fanno fatica a comprenderlo. Non ricordano gli anni del conflitto e della Resistenza. O li ricordano con una memoria molto selettiva.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, per le donne i primi passi. Emanciparsi significa poter fare la guerra.
Intorno alle armi e alla violenza si misura tutta l’ipocrisia della nostra cultura occidentale odierna. Siamo convinti che non sia opportuno regalare pistole e fucili giocattolo ai nostri bambini, perché possano giocare alla guerra come si faceva qualche decennio fa: sarebbe diseducativo. In compenso, i videogiochi sui quali i nostri figli passano le ore sono pieni di una violenza che al tempo in cui su Topolino apparve quella pubblicità che qui contemplo (1967) era del tutto inimmaginabile.

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In verità, c’è una ricompensa per ogni cosa.

Il segno del più grande mutamento antropologico verificatosi dall’era neolitica è la donna in armi.

Mi pare degno di nota il fatto che solo nelle società in cui le donne sono assolutamente dominate (come in Afghanistan e in pochissimi altri luoghi), esse non hanno un qualche accesso alle armi. In molti Paesi musulmani, invece, come la Libia e l’Iran, si possono vedere donne armate.

 

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