Distinguo i discorsi che oggi si fanno sulla questione migranti in due fondamentali categorie, che prescindono dall’orientamento politico generale di chi li fa: quella dei discorsi semplici e rozzi, e quella dei discorsi argomentati e fondati. Ovviamente, nel circuito mediatico prevalgono di gran lunga i primi. Personalmente, credo di essere una persona razionale con una visione tragica dell’esistenza (che non significa banalmente pessimistica). Sul grande fenomeno di migrazione in corso non assumo posizioni viscerali, ma vedo chiaramente la problematicità estrema della questione. E se mi capita di criticare severamente certa faciloneria della sinistra progressiva è perché vorrei una sinistra più capace di critica seria e meno bisognosa di mitologie.
Ogni tanto mi capita di sentire discorsi sull’immigrazione in cui l’intellettuale di sinistra di turno dice cose incredibili, che confermano la mia convinzione che i saperi specialistici, cioè gli unici che oggi abbiano un valore, non esentino chi li possiede, quando esce dal loro campo ristretto, dall’incorrere in errori e fare figure pietose. Ad esempio, ecco che alcuni, per dire che la migrazione c’è sempre stata, e due o più popoli mescolandosi hanno prodotto nuove bellissime civiltà, si rifanno all’Eneide e alla sua narrazione dell’arrivo in Italia dei Troiani profughi da Troia distrutta. Come dire: accogliamo i Siriani e gli altri, perché fondendosi con gli Europei daranno vita ad una nuova civiltà. Mai fu scelto esempio più infelice.
In primis, i Troiani che nell’Eneide sbarcano nel Lazio sono guerrieri, e non sono certo ben accolti da tutti. La seconda parte del poema di Virgilio, infatti, è la descrizione di una guerra così violenta e atroce da far impallidire quella cantata da Omero. Il sangue scorre a fiumi: il poema termina col duello di Enea e Turno, con la morte di quest’ultimo.
In secondo luogo, l’orizzonte religioso di Troiani, Greci e Latini è lo stesso: un paganesimo che può integrare tranquillamente le divinità minori di ciascuna tradizione. La guerra tra Troiani e Latini non è uno scontro di civiltà, come non lo è quella precedente tra Troiani e Greci. Essi non si vedono come diversi ma come rivali, che è tutta un’altra faccenda. Il loro essere sostanzialmente uguali non attenua lo scontro, anzi lo determina e lo rende più feroce.
Infine, Virgilio vede la vicenda dei Troiani come il seme dell’impero di Roma, un impero basato sulla forza, inserito in un ciclo immenso di lotte tra popoli e potenze: i Greci distruggono Troia, i Troiani vincono i Latini e si fondono con essi generando Roma, Roma soggioga la Grecia vendicando i Troiani.
Conclusione: prima di evocare Enea profugo e i Troiani, si leggano tutti i libri dell’Eneide e si rifletta.
