Il giro d’affari che si è generato intorno alla figura di papa Francesco è smisurato, ed infinito è il numero dei gadgets in circolazione che ne portano l’immagine. Il fenomeno è grandioso, i suoi connotati variano nel tempo, ma esso non è affatto nuovo, nel senso che le sue radici affondano nelle origini stesse della religio, che è innanzitutto un rapporto di scambio tra l’umano e il divino, e di scambio tra umani in rapporto al divino. Basti pensare che le carni degli animali che i romani sacrificavano agli dèi finivano sul mercato (e ciò metterà in crisi i primi cristiani: è lecito mangiare le carni degli animali sacrificati agli idoli?). Mi pare che nel mondo cattolico non vi sia mai stata una riflessione approfondita su questo tema. Penso tuttavia che si possa formulare la seguente massima: un papa che predichi e viva la povertà darà luogo inevitabilmente a un indotto commerciale superiore a quello generato da un papa che non la predichi. Massima che vale per tutti i santi. Sappi che ovunque tu costruirai un tempio, là si raduneranno i mercanti, e questo accadrà fino alla fine dei tempi.
